13 • Il lungo sogno

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La Sala della Memoria era l'anima bianca dei Rifugi: una stanza vuota da riempire con la propria mente, coi propri fantasmi

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La Sala della Memoria era l'anima bianca dei Rifugi: una stanza vuota da riempire con la propria mente, coi propri fantasmi.

Helena sfiorò i leap, al sicuro nella tasca del cardigan, ma non li indossò; suo padre l'aveva avvertita sul pericolo insito in quei sogni di resina sintetica, sull'abbandonarsi alla loro dolce menzogna. Attraversò quei pavimenti di pallido opale, dove affioravano nomi ed effigi come ninfee sull'acqua. Tuttavia, non si soffermò su di essi: puntò alla ragazza dalla treccia rossa che la stava aspettando, inginocchiata davanti a un nome.

Camille Prewett.

«Non avvicinarti di più», disse Shari a bassa voce. «Ci osservano».

Il tono imperioso della ragazza la fece irrigidire, ma obbedì. Finse di osservare i nomi sul pavimento, poi si sedette davanti a un certo Henry McFadden. Andrew la imitò, silenzioso e fiero, fissando Shari con evidente malanimo.

«Mio zio mi tiene d'occhio», aggiunse la ragazza, gli occhi celati dai vetri neri dei leap. «Gabriel cerca di farsi affidare questo incarico più volte che può, ma non sempre gli è possibile. Così, per oggi dovremo accontentarci di loro».

Con un cenno della testa, indicò due soldati che ciondolavano davanti a una pesante targa commemorativa. Erano giovani reclute, con divise di seconda mano e i berretti ben calcati sulla testa. Dai loro visi floridi, Helena capì che non avevano mai affrontato i pericoli della Superficie.

«Forse avremmo dovuto incontrarci di nuovo nelle palestre», bisbigliò. La posizione scomoda le faceva formicolare la gamba.

«È meglio qui», replicò Shari. «Non si avvicineranno. Se non altro, hanno rispetto per il dolore». Le rivolse un'occhiata obliqua. «Allora? Ci sono novità?».

«Ho cercato tra le vecchie carte di mia madre, ma gli ultimi resoconti sulla Galleria del Vento risalgono a un anno fa», rispose Helena. In verità, quelle carte erano sue: ogni giorno un soldato le sistemava nella scatola rossa che una volta era stata di suo padre, perché fosse informata su tutto ciò che accadeva nei Rifugi. Questo, però, non era necessario che Shari lo sapesse. «È come pensavo: hanno terminato gli scavi, nient'altro».

Le labbra di Shari si contrassero in una smorfia. «Lo so. Io e Gabriel siamo andati a dare un'occhiata: hanno montato uno spettacolo ad arte per l'inaugurazione, con un treno e tutto il resto. Ma in realtà, i binari sono interrotti».

«Allora è vero». Helena sentì il sangue defluirle dal viso. «Il Generale sta mentendo. Ma a che scopo?».

«Una volta mi ha detto che il nostro compito è quello di proteggere il lungo sogno che stanno vivendo gli abitanti dei Rifugi», mormorò Shari, quasi tra sé. «Forse è questo ciò che vuole: offrire loro un'altra boccata d'oppio, una nuova speranza cui aggrapparsi».

«E cosa accadrà quando la gente si accorgerà dell'inganno?».

Shari non rispose subito. Sfiorò l'iris nero che faceva capolino dal colletto della sua divisa, in un gesto pensieroso, inconsapevole.

Dies CinerumWhere stories live. Discover now