36 • L'ultimo dono

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La cripta dei Gotha le faceva venire i brividi

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La cripta dei Gotha le faceva venire i brividi.

Silenzio e immobilità regnavano in quel luogo di marmo e ferro ossidato, dove angeli dai volti tetri osservavano i loro movimenti. Shari non si era mai chiesta come i vampiri affrontassero la morte dei loro cari, ma scoprì che le tradizioni dei Gotha somigliavano molto a quelle umane. In quell'austerità bianca, in quei nomi scolpiti nella pietra, c'era lo stesso bisogno di consolazione che nei Rifugi aveva portato alla nascita della Sala della Memoria.

Sentendosi a disagio, Shari aveva osservato le tombe dei vecchi Reggenti e delle loro consorti. Per Gareth erano parte della sua famiglia, ma per lei rappresentavano anni di dolore e assoggettamento. Con un sospiro, si sedette su un catafalco e incrociò le gambe sull'eterno riposo di Adrian Gotha. Da quando si trovavano lì, Gareth non aveva pronunciato neppure una parola.

Le dita del vampiro avevano sfiorato con tenerezza il nome della madre, Georgiana, ma era stato davanti a un altro sepolcro che si era fermato, gli occhi neri come pece. La lastra di marmo che lo sigillava era troppo lucida, priva di nome, come se fosse stata sostituita in fretta. Shari sapeva cos'era: la tomba di Clarisse, profanata da Gaspar nella sua cieca ricerca del siero.

Helena, poco lontano, si sforzava di non battere i denti. Era avvolta nel pesante mantello di Gareth, ma neppure questo era bastato a scaldarla. Shari aveva dovuto far violenza su se stessa per non prenderla da parte e costringerla a vuotare il sacco su Kain, ma si era detta che quello non era il luogo né il momento adatto.

Di tutti i vampiri di Londra, Helena aveva scelto il più imprevedibile. Da quanto ricordava, Kain odiava suo padre; eppure, la costante vicinanza all'anziano capoclan sembrava suggerire un certo grado di lealtà. Gli piaceva mostrarsi indifferente al destino della sua famiglia, ma diventava ferocemente protettivo nei confronti della sorella. E sembrava capace di empatia e gentilezza, sebbene i suoi anelli fossero un indizio sufficiente sulle sue inclinazioni.

Shari tamburellò le dita sul catafalco, inquieta. Quella situazione non le piaceva affatto, ma doveva ammettere che, nello studio di Dahlia, Kain avesse cercato di mettere in guardia Helena da suo padre. Doveva pur significare qualcosa.

Pregò che, per una volta, quella complicazione giocasse a loro favore.

Dei passi pesanti risuonarono nella cripta, mettendo fine alla loro attesa. Il vampiro che emerse dalle tenebre era alto quasi sei piedi, muscoloso e massiccio come un orso. Una spira nera gli attraversava la guancia, l'unica traccia visibile degli intricati tatuaggi che gli coprivano il corpo. Gli occhi screziati di Luc si posarono su Gareth.

«Ce ne hai messo di tempo».

Gareth fece un sorrisetto. «Un grazie è più che sufficiente, bestione».

«Già, be', grazie per non averci messo un secolo».

Shari scese dal catafalco, rigida. L'ultima volta che lei e Luc si erano trovati faccia a faccia, Shari stava per morire e lui era il carceriere che Ambrose aveva scelto per trattenerla a Palazzo. Così, quando il grosso vampiro spostò la propria attenzione su di lei, Shari dovette sforzarsi di non abbassare lo sguardo.

Dies CinerumWhere stories live. Discover now