26 • Fanciulla di neve

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Il dolore alla mandibola era un maledetto inferno

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Il dolore alla mandibola era un maledetto inferno. Kain provò ad aprire la bocca per valutare i danni, ma uno scricchiolio sinistro lo convinse a desistere.

Il Cacciatore che l'aveva atterrato con un pugno - un veterano col doppio dei suoi anni, tozzo e robusto come un cinghiale - lo osservava divertito, scambiandosi ghigni sardonici con gli altri veterani che assistevano all'incontro.

Non erano i soli, comunque: anche i Cacciatori più giovani avevano preso a riempire gli spalti della palestra. Kain si rialzò, ansimante.
Se erano lì per vederlo supplicare, sarebbero rimasti delusi.

Il combattimento riprese. Ma per quanto Kain cercasse di riportare alla mente gli insegnamenti del vecchio Ben Craven, era comunque troppo prevedibile, troppo lento nel rispondere agli attacchi dell'avversario, che infatti andavano sempre a segno.

Il veterano lo colpì con un calcio all'addome. Per un momento Kain perse l'equilibrio, ma riuscì a riprendersi in fretta. Stufo dell'espressione beffarda sul volto del Cacciatore, si lanciò contro di lui mirando al volto, ma l'altro fu più veloce. Scartò di lato, gli cinse il collo col braccio nerboruto e strinse, così forte da soffocarlo.

Kain cercò di divincolarsi, i polmoni squassati dalla mancanza d'aria, ma il veterano non mollò la presa. Soltanto quando la coscienza iniziò a sfuggirgli sentì la presa del vampiro allentarsi, finché non si ritrovò accasciato sul tatami. Tossì in modo convulso, cercando allo stesso tempo di trangugiare aria. Gli occhi bruciavano e lacrimavano senza controllo.

«Basta così, ragazzino», disse il veterano in tono maligno. «O di te non resteranno altro che briciole».

Kain non trovò la forza di replicare. Ignorò le risate e i commenti degli altri Cacciatori e si rimise in piedi, inghiottendo un gemito. Uscì dalla palestra, le guance che scottavano per l'umiliazione.

Li odiava, li odiava così tanto. Ma aveva bisogno di loro.

Imboccò l'asettico corridoio delle palestre, diretto alle docce, quando una voce alle sue spalle lo fermò. «Ti sei battuto bene».

Kain si voltò. Tre giovani Cacciatori lo avevano seguito, ancora sudati per gli allenamenti. Uno di loro, dall'espressione sfrontata e i capelli biondo fragola, gli sorrise. «Paul ieri non ha resistito neanche cinque minuti».

Il ragazzo al suo fianco, più basso e dai lineamenti sottili, fece una smorfia. «Non è colpa mia se Vince è un coglione. Combatte solo per umiliare».

«Me ne sono accorto», mugugnò Kain. Ma la vergogna della sconfitta si attenuò.

«Un giorno gliela faremo vedere», disse allegramente il vampiro dai capelli rossicci. «A lui e a tutti quei veterani del cazzo. Io sono Finn, comunque. E quello che parla poco è Paddy».

Il terzo Cacciatore, il più alto e dinoccolato, chinò la testa in segno di saluto. Erano tre Trasformati: ognuno di loro portava sulla pelle nei, macchie o cicatrici, indizi che rivelavano un passato da Selvatici. Un passato che, quasi certamente, non ricordavano.

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