6.

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<<Ma non mi dire!>>

<<Nicole, appena fai un altro solo di questi urletti ti uccido, giuro.>>

Eve stava provando da mezz'ora ad indossare la nuova divisa, molto complessa per via dei numerosi bottoni.

<<Sei uscita col biondino, senza dirmi nulla poi. Questa me la segno.>>

<<Mi chiedo da quando la mia vita sia diventata una serie TV.>>

<<Ora pretendo i dettagli.>> continuai ignorando le sue lamentele.

<<Oh, quanto sei insistente.>>

Credeva davvero di poter fare quello che voleva lasciandomi all'oscuro di tutto, sapeva essere molto timida quando si parlava di appuntamenti.

<<Mi ha chiamata l'altro ieri mattina chiedendomi se fossi stata libera per la sera stessa.
Io ovviamente ho iniziato ad inventare mille scuse, ma data la sua insistenza, alla fine ho ceduto.>>

Sorrise lievemente, come se stesse ricordando qualcosa di piacevole che la faceva arrossire.

<<All'inizio ero molto a disagio, mi ha portata in un ristorante di lusso e io non sono abituata a questo genere di cose.>>

Si interruppe portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

<<Vai avanti.>>

<<Nulla, sono stata bene. È intelligente, ci sa fare, non voglio illuderlo. Voglio che sia seria sta volta.>>

<<Non ci posso credere! Se non fosse stato per me nemmeno ci avresti parlato! Voglio i meriti, grazie.>>

<<Si, si, hai tutti i meriti. Basta che la smetti di urlare.>>

Fu un compito arduo anche per me indossare quella strana divisa e il fatto che stessi iniziando a sudare non aiutava di certo nell' impresa.

Quando finalmente entrammo in sala per poco non mi cadde il blocchetto per le ordinazioni dalle mani.

Era seduto in fondo, accanto all'entrata, i capelli davanti agli occhi, le dita piene d'anelli, completamente fuori luogo in un locale come il Roxy.

Vedevo ogni tanto la gente girarsi ad indicarlo, i bambini lo guardavano terrificati.
Attorno a lui tutto diventava buio, aveva il potere di spegnere qualsiasi sorriso con la sua presenza.

Teneva un anello tra il pollice e l'indice, diverso da quelli che indossava di solito, lo guardava con disprezzo contraendo la mandibola, rigirandoselo tra le mani.

Non parve notarmi, non riuscivo ad immaginare un motivo valido per giustificare la sua presenza, se non quello di infastidirmi.
Ripose il gioiello in tasca, salutandomi da lontano con un cenno.

Sul volto impassibile comparve la tipica espressione di scherno riservata esclusivamente a me.

Fu a quel punto che mi chiesi perché la vita mi odiasse così tanto.

<<Qual è il problema?>> chiese Eve seguendo il mio sguardo.

<<Nessun problema, vai a prendere le ordinazioni al tuo ammiratore.>>

La distrazione sembró funzionare, Eve mi prese sulla parola, sistemandosi i capelli prima di allontanarsi.

Io presi un bel respiro e raggiunsi il tavolo di Ryan.

<<Qual buon vento ti porta qui?>>

<<Qua non esiste noia.>> rispose con un'alzata di spalle.

•I'M A DISASTER•Where stories live. Discover now