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CITTÀ DI VETRO - cap.20 "Pesato sulla bilancia"

Clary alzò gli occhi. L'Angelo si librò sopra di lei come una torre di fiamme bianche, oscurando il cielo. La sua voce era uno scontro di montagne.
Tu puoi obbligarmi a compiere un'azione, Clarissa Morgenstern. Che cosa vuoi da me?
Clary aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono.
Ah, sì disse l'Angelo, e ora c'era gentilezza nella sua voce. La runa. I molti occhi delle sue ali batterono le palpebre. Qualcosa sfiorò Clary: qualcosa di morbido, più delicato della seta o di qualsiasi altro tessuto, più dolce di un sussurro o del tocco di una piuma. Era come Clary immaginava che fossero le nuvole, se le nuvole avessero avuto la trama di un tessuto. Un lieve profumo arrivò con il tocco, gradevole, inebriante e dolce.
Il dolore svanì dai suoi polsi. Non più legate insieme, le mani le ricaddero lungo i fianchi. Sparì anche il pizzicore dietro la nuca, come pure la pesantezza delle gambe. Clary si mise in ginocchio. Più di qualsiasi altra cosa, voleva strisciare sulla sabbia insanguinata verso il corpo di Jace, trascinarsi fino a lui e sdraiarsi al suo fianco e stringerlo in un abbraccio, anche se Jace non c'era più. Ma la voce dell'Angelo la avvinceva, e Clary rimase dov'era, fissando la sua luce brillante e dorata.
La battaglia nella pianura di Brocelind sta volgendo al termine. Il potere di Morgenstern sopra i suoi demoni è svanito con la sua morte. Molti demoni già stanno fuggendo e gli altri verranno presto distrutti. In questo stesso momento alcuni Nephilim stanno cavalcando verso le rive di questo lago. Se hai una richiesta, Shadowhunter, esprimila adesso. L'Angelo tacque. E ricorda che non sono un genio. Scegli con saggezza il tuo desiderio.
Clary esitò un momento, un lunghissimo momento. Avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa, pensò frastornata, qualsiasi cosa: la fine di ogni sofferenza, o della fame nel mondo, o delle malattie, oppure la pace sulla terra. Forse, però, quelle cose non potevano essere concesse da un angelo, altrimenti sarebbero già state concesse. Forse erano gli uomini che dovevano trovarle, da soli.
C'era solo una cosa che Clary avrebbe potuto chiedere, alla fine: un'unica scelta vera.
Sollevò gli occhi verso l'Angelo.
«Jace» disse.
L'espressione dell'Angelo non mutò. Clary non potè capire se la sua richiesta fosse buona o cattiva, agli occhi dell'Angelo, o se, pensò con un improvviso moto di panico, lui volesse esaudirla.
Chiudi gli occhi, Clarissa Morgenstern, le disse l'Angelo.
Clary ubbidì. Non si diceva di no a un Angelo, indipendentemente da quello che aveva in mente di fare. Col cuore che batteva, Clary rimase a librarsi nel buio dietro le palpebre chiuse, cercando risolutamente di non pensare a Jace.
Ma il suo volto le apparve ugualmente, contro lo schermo vuoto delle palpebre: non le sorrideva, ma guardava di lato, e Clary vedeva la cicatrice sulla tempia, la piega irregolare all'angolo della bocca, la linea d'argento sulla gola, dove Simon l'aveva morso: tutti i segni e le imperfezioni che distinguevano la persona che Clary amava di più al mondo. face. Una luce brillante illuminò di scarlatto il suo campo visivo e Clary cadde riversa sulla sabbia. Stava per svenire? Stava per morire? Ma lei non voleva morire, non adesso che aveva visto il volto di Jace così nitido davanti ai suoi occhi. Le sembrò quasi di sentirne la voce che pronunciava il suo nome, come l'aveva sussurrato a Renwick, tante e tante volte. Clary. Clary. Clary.
«Clary» ripetè Jace. «Apri gli occhi.»
Clary li aprì.
Era distesa sulla sabbia, nei suoi vestiti strappati, bagnati e insanguinati. Come prima. Ma, diversamente da prima, l'Angelo era sparito, e con lui la bianca luce accecante che aveva illuminato a giorno la notte. Clary ora vedeva il cielo notturno, le bianche stelle che come frammenti di specchio brillavano nel nero. E, chino su di lei, la luce dei suoi occhi più brillante di qualsiasi altra stella, c'era Jace.
Gli occhi di Clary si abbeverarono alla sua vista, alla vista di ogni parte di lui: i capelli arruffati, la faccia sporca e insanguinata, gli occhi luminosi dietro gli strati di sporcizia; e le ferite visibili attraverso gli strappi nelle maniche, lo strappo aperto e zuppo di sangue della camicia, dal quale traspariva la pelle nuda. Ma non c'era alcun segno, alcuna ferita, a mostrare dov'era penetrata la Spada. Clary vide le vene pulsare nella sua gola e per poco non gli buttò le braccia al collo, perché questo significava che il suo cuore batteva ancora e che...
«Sei vivo» sussurrò Clary. «Vivo per davvero.»
Con lenta meraviglia, Jace le sfiorò il volto. «Ero nel buio» le disse a bassa voce. «Non c'erano che ombre, io stesso ero un'ombra, e sapevo che ero morto e tutto era finito, tutto quanto. Poi ho sentito la tua voce. Ti ho sentito pronunciare il mio nome, ed è stato questo a riportarmi indietro.»
«Non sono stata io.» Clary aveva la gola stretta. «È stato l'Angelo a riportarti indietro.»
«Perché tu glielo hai chiesto.» In silenzio, Jace percorse il profilo di Clary con le dita, come per accertarsi che fosse vera. «Potevi avere qualunque altra cosa al mondo, ma hai voluto me.»
Lei gli sorrise. Sporco com'era, coperto di sangue e di terra, Jace era la cosa più bella che avesse mai visto. «Ma io non voglio nient'altro al mondo.»
A queste parole, la luce negli occhi di Jace, già brillante, arse così intensamente che Clary quasi non riuscì a reggere il suo sguardo.
Ripensò all'Angelo che ardeva come mille torce e pensò che Jace aveva in sé un po' di quello stesso sangue incandescente, di quel fuoco che ora brillava attraverso i suoi occhi come una luce dalla fessura di una porta.
"Io ti amo" avrebbe voluto dirgli. E anche: "Lo rifarei di nuovo. Chiederei sempre di avere te". Ma non furono queste le parole che disse.
«Tu non sei mio fratello» gli disse invece, quasi senza fiato, come se, essendosi resa conto di non averglielo ancora detto, ora non riuscisse a dirglielo abbastanza in fretta. «Tu lo sai, vero?»
Lievemente, dietro lo sporco e il sangue, Jace sorrise. «Sì» le disse. «Lo so.»

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