«Non mi hai mai richiamato»

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CITTÀ DI VETRO - cap.10 "Fuoco e Spada"

Le torri antidemoni emanavo una luce fioca e morente sulle vie brulicanti della città: c'erano cose che correvano a grandi falcate o strisciavano o si annidavano nell'ombra più fitta tra le case, come scarafaggi in un appartamento buio. L'aria gli portava i pianti e strilli e urla, e nomi chiamati a gran voce. Ma c'erano anche gli urli dei demoni, ululati di caos e delizia che ferivano dolorosamente gli orecchi umani. Il fumo si alzava sopra le case di pietra color miele, avviluppando le guglie della Sala degli Accordi. Alec alzò gli occhi verso la Guardia e vide un'onda di Shadowhunters correre giù dalla collina, illuminati dalle stregaluci che tenevano in mano. Il Conclave stava cominciando a combattere.
Alec si spostò verso il bordo del tetto. Lì gli edifici erano addossati gli uni agli altri e le grondaie quasi si toccavano. Fu facile saltare al tetto successivo, e poi a quello accanto. Alec si ritrovò a correre agilmente tra i tetti, saltando oltre il breve spazio vuoto tra le case. Era bello sentire in faccia il vento fresco, che predominava sul puzzo dei demoni.
Stava correndo da qualche minuto, quando si rese conto di due cose. La prima, che stava puntando verso le bianche guglie della Sala degli Accordi. E la seconda, che c'era qualcosa più avanti, in una piazza tra due vicoli, che somigliava a una pioggia di scintille verso l'alto; scintille azzurre, un po' più scure delle fiammelle del gas. Alec aveva già visto scintille come quelle. Si fermò non più di un attimo, poi cominciò a correre.
Il tetto più vicino alla piazza era molto spiovente. Alec vi approdò slittando sulle tegole fissate malamente. In equilibrio precario, guardò giù.
Ai suoi piedi si apriva la piazza del Pozzo. La visuale di Alec era parzialmente ostruita da un palo di ferro che si protendeva dalla facciata dell'edificio, sorreggendo un'insegna di legno che dondolava nella brezza. La piazza era gremita di demoni Iblis: avevano forma umana, ma erano fatti di una sostanza simile a spire di fumo nero; i loro occhi erano gialli e ardenti. Erano schierati e avanzavano lentamente verso la figura solitaria di un giovane con un ampio cappotto grigio, costringendolo ad arretrare verso un muro. Alec lo guardò sgranando gli occhi. Tutto, in quel ragazzo, gli era familiare: la linea dritta della schiena, il groviglio di capelli neri, le scintille azzurre che sprizzavano dalle sue dita come sfreccianti lucciole cianotiche.
Magnus. Lo stregone scagliava dardi di fuoco azzurro contro i demoni Iblis che avanzavano contro di lui. Un dardo ne colpì uno al petto: col rumore di una secchiata d'acqua gettata sulle fiamme, il demone sfrigolò e svanì in un'esplosione di lapilli. Gli altri si spostarono a chiudere lo spazio rimasto vuoto (i demoni Iblis non brillavano per intelligenza) e Magnus scagliò un'altra raffica di dardi infuocati. Diversi Iblis caddero, ma ora un altro demone, più astuto degli altri, era fluttuato intorno a Magnus e si stava condensando alle sue spalle, pronto a colpire.
Alec non si fermò a pensare. Saltò dal margine del tetto verso il palo di metallo, lo afferrò al volo e vi girò intorno come un acrobata, per rallentare la caduta. Mollò la presa e atterrò agilmente nella piazzetta. Il demone, sorpreso, si voltò: gli occhi gialli erano come lampeggianti pietre preziose. Alec ebbe solo il tempo di pensare che Jace, al suo posto, avrebbe sicuramente trovato qualcosa di intelligente da dire, poi estrasse la spada angelica dalla cintura e infilzò il demone. Con un urlo, il mostro svanì. La violenza della sua uscita di scena da quella dimensione investì Alec di una pioggia sottile di cenere.
«Alec! » Magnus lo guardava incredulo. Aveva liquidato i demoni Iblis che ancora restavano e la piazza adesso era vuota, fatta eccezione per loro due. «Mi hai... mi hai appena salvato la vita»
Alec sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa del tipo: "Ma certo, perché io sono un Cacciatore, ed è quello che facciamo noi Cacciatori". Oppure: "È il mio mestiere." Jace avrebbe detto qualcosa del genere. Jace sapeva sempre qual era la cosa giusta da dire. Ma le parole che uscirono dalla bocca di Alec furono molto diverse e suonarono petulanti alle sue stesse orecchie. «Non mi hai mai richiamato» disse. «Io ti ho chiamato un sacco di volte e tu non mi hai mai richiamato.»
Magnus guardò Alec come se fosse impazzito. «La tua città è sotto assedio» disse. «Le difese sono state abbattute e le strade pullulano di demoni. E tu vuoi sapere perché non ti ho chiamato?»
Alec strinse le labbra in una linea ostinata. «Io voglio sapere perché tu non mi hai richiamato.»
Magnus alzò le braccia al cielo, in un gesto di palese esasperazione. Alec notò con interesse che quando lo fece gli sfuggirono dalle dita alcune scintille, come lucciole che scappassero da un barattolo di vetro. «Sei un idiota.»
«È per questo che non mi hai richiamato? Perché sono un idiota?»
«No.» Magnus gli si avvicinò. «Non ti ho chiamato perché sono stanco che tu mi cerchi solo quando hai bisogno di qualcosa. Sono stanco di vederti innamorato di qualcun altro. Di uno che, tra parentesi, non ricambierà mai il tuo amore. Non come me.»
«Tu mi ami
«Stupido Nephilim» ribatté Magnus paziente. «Perché mai sarei qui? Perché mai avrei passato queste ultime settimane a rimettere in sesto i tuoi stupidi amici ogni volta che si fanno male? E a tirare fuori te da ogni situazione assurda in cui ti cacciavi? Per non parlare dell'aiuto che vi ho dato per vincere la battaglia contro Valentine. E tutto completamente gratis
«Non l'avevo mai vista in questo modo» ammise Alec.
«Certo che no. Tu non la vedi mai in nessun modo.» Gli occhi felini di Magnus brillavano di rabbia. «Io ho settecento anni, Alexander. So quando qualcosa non funziona. E tu invece non vuoi nemmeno ammettere coi tuoi genitori che io esisto.»
Alec lo fissò. «Tu hai settecento anni?»
«Be'» si corresse Magnus «sarebbero ottocento, ma non li dimostro. Comunque, non è questo il punto. Il punto è che...»
Alec non potè scoprire quale fosse il punto, perché in quel momento un'altra decina di demoni Iblis invasero la piazza. Restò a bocca aperta. «Dannazione.»
Magnus seguì il suo sguardo. I demoni si stavano aprendo a ventaglio formando un semicerchio intorno a loro, gli occhi gialli ardenti. «Bel modo di cambiare discorso, Lightwood.»
«Sai che ti dico?» Alec sguainò un'altra spada angelica. «Se usciamo vivi di qui, giuro che ti presento a tutta la famiglia.»
Magnus sollevò le mani. Le dita sfavillanti di fiammelle azzurre illuminarono il suo sorriso di ardente luce azzurrata. «Ci sto.»

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