Un vampiro di nome Spiderman

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CITTÀ DI VETRO - cap.17 "Il racconto della cacciatrice"

Ora Clary era sul gradino più alto della Sala degli Accordi e guardava la piazza dell'Angelo. La luna era già sorta e spuntava dietro i tetti delle case e le torri antidemoni ne riflettevano la luce argentea. Il buio nascondeva bene le ferite e le cicatrici della città, che sembrava pacifica e tranquilla, sotto il cielo notturno... finché non si volgeva lo sguardo alla collina della Guardia e alle rovine della fortezza. Le guardie pattugliavano la piazza, comparendo nei cerchi luminosi dei lampioni di stregaluce e scomparendo nel buio. Si sforzavano di ignorare le presenza di Clary.
Qualche gradino più in basso, Simon camminava avanti e indietro, con passi perfettamente silenziosi e le mani in tasca. Quando, alla fine della scala, si voltava per tornare indietro verso Clary, la luce della luna si riverberava sulla pelle chiara, come da una superficie riflettente.
«Smettila di andare avanti e indietro» protestò Clary. «Mi rendi più nervosa.»
«Scusa.»
«Mi sembra di essere qui fuori da sempre.» Clary, pur tendendo le orecchie, non riusciva a sentire niente, tranne il sordo mormorio di molte voci che filtrava dalle porte chiuse della Sala degli Accordi. «Tu riesci a sentire quello che dicono?»
Simon socchiuse gli occhi e parve concentrarsi. «Qualcosa» disse dopo un breve silenzio.
«Quanto vorrei essere là dentro!» esclamò Clary, picchiando con rabbia i tacchi sui gradini. Luke le aveva chiesto di aspettare fuori, mentre il Conclave deliberava. Avrebbe voluto mandare Amatis con lei, ma Simon aveva insistito per andarci lui, sostenendo che era meglio se Amatis fosse restata dentro a difendere Clary. «Vorrei partecipare all'assemblea.»
«No» replicò Simon. «Non è vero.»
Clary sapeva perché Luke le aveva chiesto di aspettare fuori. Non era difficile immaginare che cosa stessero dicendo di lei là dentro. Una bugiarda. Una fanatica. Un povera sciocca. Una pazza. Una stupida. Un mostro. La figlia di Valentine. Forse era molto meglio stare fuori, ma la tensione dell'attesa era quasi un dolore fisico.
«Magari potrei arrampicarmi su una di quelle» buttò lì Simon, indicandole con lo sguardo le massicce colonne bianche che sostenevano il tetto spiovente della sala. Erano decorate da intrecci di rune incise nella pietra, ma per il resto non avevano punti d'appiglio visibili. «Per scaricare un po' di tensione.»
«Ma dai!» esclamò Clary. «Sei un vampiro, mica Spiderman.»
Per tutta risposta, Simon salì agilmente i gradini e si avvicinò alla colonna. La osservò pensoso per un momento, poi vi appoggiò le mani e cominciò ad arrampicarsi. Clary lo guardò a bocca aperta, mentre con i piedi e la punta delle dita trovava appigli impossibili sulla pietra leggermente incisa. «Tu sei Spiderman!» esclamò Clary.

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