Jace Herondale

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CITTÀ DI VETRO - cap 20 "Pesato sulla bilancia"

Jace, nella luce della luna, aveva un'aria letale, letale e aliena, sconosciuta agli occhi di Clary. La mano che teneva la spada alla gola di Valentine era fermissima. «Dimmi la verità» gli intimò. «Basta bugie sul fatto che siamo fatti della stessa carne e dello stesso sangue. Sono i genitori, che mentono ai figli, ma tu... tu non sei mio padre. E io voglio la verità.»
«Non era di un figlio che avevo bisogno» confessò Valentine «ma di un soldato. Credevo che Jonathan potesse essere quel soldato, ma la sua natura demoniaca era troppo forte. Lui era troppo feroce, troppo impulsivo, la sua intelligenza non era abbastanza sottile. Già allora, appena uscito dalla prima infanzia, temevo che non avrebbe mai avuto la pazienza e la sensibilità per seguirmi, per governare il Conclave seguendo i miei passi. Così provai di nuovo con te. E con te ebbi il problema opposto. Tu eri troppo delicato. Troppo empatico. Sentivi il dolore degli altri come se fosse tuo, non riuscivi nemmeno a sopportare la morte dei tuoi animali domestici. Capiscimi, figliolo: io ti amavo per questo. Ma ciò che più amavo di te, ti rendeva inutile ai miei scopi.»
«Quindi pensavi che fossi debole e inutile» commentò Jace. «Allora immagino che resterai molto sorpreso, quando questo tuo figlio debole e inutile ti taglierà la gola.»
«È una scena che abbiamo già visto.» La voce di Valentine era ferma, ma a Clary parve di vedere il sudore brillargli sulle tempie e intorno alla gola. «Non lo faresti mai. Non hai voluto farlo a Renwick e non vuoi farlo adesso.»
«Ti sbagli.» Jace parlò in tono misurato. «Mi pento ogni giorno di non averti ucciso quella volta, di averti lasciato scappare. Mio fratello Max è morto perché io non ti ho ucciso quel giorno. Decine, forse centinaia di persone sono morte perché io ho fermato la mia mano. Ora conosco il tuo piano. So che speri di massacrare ogni Shadowhunter di Idris. E mi chiedo: quante persone dovranno morire, prima che io faccia ciò che avrei dovuto fare sull'isola di Blackwell? No» concluse Jace. «Io non voglio ucciderti. Ma lo farò
«Non farlo» lo supplicò Valentine. «Ti prego. Non voglio...»
«Morire? Nessuno vuole morire, padre.» La punta della spada di Jace scivolò più in basso, e poi ancora più in basso, fino a fermarsi sul cuore di Valentine. Il viso di Jace era calmo, il volto era quello di un angelo che somministrava la giustizia divina. «Hai qualcosa da dire prima di morire?»
«Jonathan...»
Il sangue macchiò la camicia di Valentine dov'era appoggiata la punta della spada. Con gli occhi della mente Clary rivide Jace a Renwick, la mano che gli tremava, che non voleva ferire suo padre. E Valentine che lo provocava. Infilami dentro quella lama. Dieci centimetri, o anche di più... Ora non era così. La mano di Jace era ferma. E Valentine aveva paura.
«Ultime parole» sibilò Jace. «Ne hai?»
Valentine alzò la testa. I suoi occhi neri, mentre osservava il ragazzo, erano gravi. «Mi dispiace» disse. «Mi dispiace tanto.» Tese una mano, come per avvicinarla a Jace, come per toccarlo: la mano si girò a palmo in su, le dita si aprirono... e ci fu un bagliore argenteo. Qualcosa volò davanti a Clary nell'oscurità, come un proiettile sparato, da un fucile. Clary sentì lo spostamento d'aria sulla guancia e un attimo dopo la cosa era nella mano di Valentine: una lunga lingua di fuoco argenteo che emanò un bagliore oscuro quando Valentine la brandì e la calò con forza.
Era la Spada Mortale. Lasciò un ricamo di luce nera nell'aria, quando Valentine l'affondò nel cuore di Jace.
Jace sgranò gli occhi, con un'espressione di incredula confusione sul volto. Abbassò lo sguardo al petto, dal quale Mellartach spuntava in modo grottesco: era una vista più bizzarra che orribile, come un oggetto apparso di colpo in un incubo, senza alcun senso logico. Valentine ritrasse la mano, strappando la Spada dal petto di Jace, come avrebbe potuto sfilare un pugnale dal fodero. Come se fosse stata la lama a sorreggerlo, Jace si piegò sulle ginocchia. La sua spada gli scivolò di mano e cadde sulla terra umida. Lui la guardò, perplesso, come se non avesse idea del perché l'avesse tenuta in pugno, né del perché l'avesse lasciata cadere. Aprì la bocca come per fare quella domanda, e il sangue traboccò, macchiando quello che rimaneva della sua camicia stracciata.

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