Amore fraterno

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CITTÀ DI CENERE - cap.18 "Oscurità trasparente"

Clary ruotò su stessa e fissò Valentine, che la guardava tranquillamente. Come hai potuto farlo?» domandò. «Come hai potuto uccidere Simon? Era solo un ragazzo, un... essere umano...»
«Non era umano» rispose Valentine con la sua voce melliflua. «Era diventato un mostro. Tu non te ne accorgevi, Clarissa, perché aveva un viso amico.»
«Non era un mostro.» Clary si avvicinò un altro po' alla Spada. Era enorme, pesante. Si chiese se sarebbe stata in grado di sollevarla... e anche in quel caso, avrebbe saputo brandirla? «Era sempre Simon.»
«Non credere che non capisca la tua situazione» disse Valentine. Stava ritto immobile, nell'unico fascio di luce che scendeva dalla botola del soffitto. «Anch'io l'ho vissuta, quando Lucian è stato morso.»
«Me l'ha raccontato» gli disse bruscamente. «Gli hai dato un pugnale e gli hai suggerito di uccidersi.»
«Quello è stato un errore.»
«Almeno lo ammetti...»
«Avrei dovuto ucciderlo con le mie mani. Così avrei dimostrato di tenere a lui.»
Clary scosse la testa. «Ma non l'hai fatto. Non hai mai tenuto a nessuno, tu. Nemmeno a mia madre. Nemmeno a Jace. Erano solo cose che ti appartenevano.»
«Ma non è questo l'amore, Clarissa? Possesso? "Il mio diletto è per me e io per lui" recita il Cantico dei cantici
«No. E non starmi a citare la Bibbia. Non credo che tu possa capirla.»
Adesso era molto vicina alla cassapanca, l'elsa della spada a portata di mano. Aveva le dita bagnate di sudore e se le asciugò di nascosto sui jeans.
«Le cose non stanno così. Non è che qualcuno, semplicemente, ti appartiene, è che tu gli doni te stesso. Dubito che tu abbia mai donato qualcosa a qualcuno. Tranne forse degli incubi.»
«Donare te stesso?» Il sorriso sottile non vacillò. «Come tu hai donato te stessa a Jonathan?»
La mano di Clary, che si stava sollevando verso la Spada, si chiuse di scatto a pugno. Lei la portò di nuovo al petto. «Che cosa
«Pensi che non abbia visto il modo in cui vi guardate? Il modo in cui pronuncia il tuo nome? Puoi anche credere che io non abbia sentimenti, ma ciò non significa che non sia capace di vederli negli altri.»
Il tono di Valentine era gelido, ogni parola una scheggia di ghiaccio che le trafiggeva le orecchie. «Immagino che dobbiamo incolpare solo noi stessi, tua madre e io; tenuti separati così a lungo, non avete mai sviluppato la repulsione reciproca che sarebbe più naturale tra fratelli.»
«Non so di cosa parli.» Le battevano i denti.
«Credo di spiegarmi abbastanza bene.» Valentine si era allontanato dalla luce. Nell'oscurità, il suo viso era appena abbozzato. «Ho visto Jonathan dopo che aveva affrontato il demone della paura, sai. Gli è apparso sotto le tue sembianze. Questo mi ha svelato quanto avevo bisogno di sapere. La più grande paura nella vita di Jonathan è l'amore che prova per sua sorella.»

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