Sfoghi

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CITTÀ DI VETRO - cap.15 "Tutto crolla"

«Valentine ucciderà Jace, se dovrà» disse Clary. «Non lo risparmierà.»
«Lo so.»
«Ma se anche dovesse morire, conta solo che Jace esca di scena dopo essersi coperto di gloria. Non ne sentirai la mancanza?»
«Sentirò la sua mancanza ogni singolo giorno» replicò Isabelle. «Per il resto della mia vita, che, ammettiamolo, se Jace fallisce, durerà più o meno un'altra settimana.» Scosse la testa. «Tu non capisci, Clary. Tu non capisci com'è vivere sempre in guerra, crescere fra battaglie e sacrifici di ogni genere. Immagino che non sia colpa tua, ma di come sei stata cresciuta.»
Clary alzò le mani. «Capisco eccome. So che non ti sto simpatica, Isabelle, perché ai tuoi occhi sono solo una mondana.»
«Tu credi che sia per questo che...» Isabelle s'interruppe. I suoi occhi brillavano non solo di rabbia, ma anche, vide Clary con sorpresa, di lacrime. «Dio, non capisci proprio niente, vero? Tu conosci Jace, da quanto? Da un mese? Io lo conosco da sette anni. E da quando lo conosco non l'ho mai visto innamorarsi, non l'ho mai visto nemmeno trovare una persona che gli piacesse. Usciva con le ragazze, certo. Le ragazze si innamoravano sempre di lui, ma a lui non importava mai niente. Credo che fosse per questo che Alec pensava...» Isabelle si fermò un momento, perfettamente immobile. Sta cercando di non piangere, pensò Clary meravigliata. Isabelle, che non piangeva mai... «Anche mia madre... Insomma, qual è l'adolescente che non si prende mai una cotta per nessuno? Era sempre come se fosse un po' assente, quando c'erano di mezzo altre persone. Io pensavo che la storia con suo padre avesse provocato danni permanenti in lui, che non riuscisse più ad amare nessuno. Se solo avessi saputo che cosa era veramente successo... Ma anche così, probabilmente avrei pensato la stessa cosa, no? Insomma, chi non avrebbe subito danni da una cosa del genere?»
«E poi abbiamo incontrato te, ed è stato come se Jace si risvegliasse. Tu non te ne accorgevi, perché non l'avevi mai visto diverso da così. Ma io lo vedevo. Hodge lo vedeva. Alec lo vedeva. Perché credi che Alec ti odiasse tanto? Jace era cambiato dal momento in cui ti aveva incontrato. Tu pensavi che fosse sorprendente il fatto di poterci vedere, e lo era, ma quello che era davvero sorprendente per me era che Jace vedesse te. Non faceva altro che parlare di te, tornando all'Istituto, poi ha convinto Hodge a mandarlo a cercarti; e quando ti ha riportato qui, non voleva più che te ne andassi. Ogni volta che entravi nella stanza, lui ti guardava. Ed era anche geloso di Simon. Non sono sicura che se ne rendesse conto, ma era così. Io lo capivo. Geloso di un mondano. E poi, dopo quello che è successo a Simon alla festa, è stato pronto ad andare con te all'Hotel Dumort, a infrangere la Legge del Conclave. E tutto per salvare un mondano che non gli stava nemmeno simpatico. L'ha fatto per te. Perché, se fosse successo qualcosa a Simon, tu avresti sofferto. Tu sei stata la prima persona estranea alla sua famiglia della cui felicità si sia mai preoccupato. Perché ti amava
A Clary sfuggì un singhiozzo soffocato. «Ma tutto questo è stato prima che...»
«Prima che scoprisse che eri sua sorella. Lo so. E non ti biasimo, per questo. Tu non potevi saperlo. E immagino che non potessi evitare nemmeno di partire in quarta e metterti subito con Simon come se non te ne fosse mai importato niente di lui. Pensavo che Jace, dopo aver scoperto che eri sua sorella, avrebbe lasciato perdere, avrebbe superato la cosa. Ma non è successo, non c'è riuscito. Non so che cosa gli abbia fatto Valentine, quando era bambino. Non so se sia per questo che è diventato così, o se semplicemente è fatto così, ma non gli passerà mai, Clary. Non ce la fa. E io ho cominciato a detestare la tua presenza. E a detestare che Jace si trovasse in tua presenza. È come una ferita da veleno di demone: devi lasciarla stare e aspettare che guarisca. Ogni volta che togli la benda, non fai altro che riaprire la ferita. Ogni volta che Jace ti vede, è come strappare la benda dalla stessa ferita.»
«Lo so» sussurrò Clary. «Come credi che sia per me?» «Non lo so. Io non riesco a leggere i tuoi sentimenti. Tu non sei mia sorella. Io non ti odio, Clary. Anzi, addirittura mi piaci. Se fosse possibile, non vorrei nessun'altra, per Jace. Ma spero che tu mi possa capire quando dico che, se per miracolo usciremo vivi da questa storia, spero tanto che la mia famiglia si trasferisca in un posto molto lontano da qui, in modo da non doverti rivedere mai più.»
Le lacrime bruciavano negli occhi di Clary. Era strano: lei e Isabelle sedute a quel tavolo, a piangere per Jace, per ragioni che erano al contempo molto diverse ma anche stranamente simili. «Perché mi dici tutto questo?»
«Perché mi stai accusando di non voler proteggere Jace. Invece io voglio proteggerlo. Perché, secondo te, mi sono arrabbiata tanto, quando ti sei presentata dai Penhallow? Tu ti comporti come se non fossi parte di tutto questo, del nostro mondo. Resti sempre ai margini. Invece ne sei parte, eccome. Anzi, ne sei al centro. Non puoi fingere per sempre di essere solo una comparsa, Clary, non se sei la figlia di Valentine. Non se Jace sta facendo quello che sta facendo anche per colpa tua.»
«Anche per colpa mia
«Perché credi che sia così smanioso di rischiare la vita? Perché credi che non gli importi niente di morire?
Le parole di Isabelle penetrarono nelle orecchie di Clary come aghi affilati. Lo so io, il perché, pensò. È perché crede di essere un demone, crede di non essere veramente umano. Ecco perché... Ma non posso dirtelo, non posso dirti l'unica cosa che potrebbe farti capire
«Ha sempre pensato che ci fosse qualcosa di strano in lui» continuò Isabelle. «E adesso, per colpa tua, crede di essere dannato per sempre. Ho sentito che lo diceva ad Alec. Perché uno non dovrebbe rischiare la vita, se non vuole più vivere? Perché non dovrebbe rischiare la vita, se non sarà mai felice, per quanti sforzi possa fare?»

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