23. Destiny

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 C'era qualcosa che non andava.

Dean era diventato all'improvviso teso e preoccupato e l'unica ragione del suo atteggiamento freddo era la presenza di sua sorella Haley.

Entrando in casa avevo sentito qualche frammento della loro conversazione ma non abbastanza da capirci realmente qualcosa. L'unica cosa che ero riuscita a capire era che lei lo cercava ma Dean non si faceva trovare.

<<Va tutto bene?>>, gli chiesi seguendolo in cucina.

Aggrottò le sopracciglia. <<Cosa?>>, domandò. Non mi aveva sentito. Era immerso nei suoi pensieri.

<<Ti ho chiesto se va tutto bene>>, ripetei accennando un sorriso. Volevo capisse che non ero arrabbiata con lui per quello che era successo quella mattina. Anzi. Mi aveva solo aiutato ad aprire gli occhi.

<<Non lo so>>, rispose lasciandosi cadere su una sedia.

Mi sedetti accanto a lui e non dissi più niente. Volevo che mi parlasse del suo stato d'animo di sua spontanea volontà, non che si sentisse in obbligo di farlo solo perché ero lì.

Sospirò dopo un'eternità e mi guardò. <<E' che non mi aspettavo di vederla. Non qui e non adesso. È passato tanto tempo dall'ultima volta>>.

<<Come faceva a sapere dove sei?>>

<<Gliel'ha detto mia mamma. Sono riuscito ad evitare il confronto con lei per mesi e non sono ancora pronto. Non sai quello che è successo...>>, e lasciò la frase in sospeso. Sembrava disperato e triste.

Mi sporsi in avanti e lo tirai contro di me. Affondai una mano fra i suoi capelli e lui si rilassò lentamente, aggrappandosi a me. Ne aveva bisogno e anche se non me l'aveva detto, l'avevo capito. Ormai conoscevo bene Dean.

<<Ti va di dirmelo?>>, chiesi con cautela.

Annuì. <<Sì, ma va bene se lo faccio mentre andiamo a fare una passeggiata in spiaggia?>>

<<Certo>>, risposi. Ci alzammo e aspettai alla porta sul retro che lui andasse a cambiarsi. Tornò indossando un paio di pantaloncini da basket blu e una maglietta bianca. Era il peccato in persona anche con quell'aria tormentata che aveva nello sguardo. Non sembrava nemmeno lui.

Camminammo in riva all'oceano in silenzio per un po', accarezzati dalla brezza fresca e il paesaggio mozzafiato che avevamo attorno. Non ero mai stata in quel posto e mi piaceva, anche se fino a quel momento non ero riuscita a godermelo a sufficienza, visto tutto quello che era successo.

Ad un certo punto, un po' inaspettatamente, le sue dita sfiorarono esitanti le mie e venni percorsa da un brivido. Non mi ritrassi e lui lo prese come incoraggiamento: intrecciò le dita alle mie e chiuse per un attimo gli occhi, perdendosi in quell'attimo.

Poi li riaprì e iniziò a raccontarmi un pezzo della sua storia. <<L'anno scorso sono tornato a casa dei miei per le vacanze di Natale e per la prima volta eravamo tutta la famiglia al completo. I miei fratelli erano riusciti a liberarsi dei loro impegni e trascorremmo il weekend assieme, come ai vecchi tempi.

Era la vigilia di Natale e mia sorella propose di uscire, di andare a bere qualcosa al locale in città. Io e mio fratello la accontentammo. Non passavamo poi molto tempo assieme e riuscivamo a sentirci a a malapena. Così ne approfittammo e ci divertimmo parecchio. I miei fratelli si ubriacarono e io no.

Sai, non posso bere più di tanto durante la stagione e due giorni dopo avevo una partita importante, quindi non lo feci.

Lasciarono guidare me visto che ero sobrio e non chiamammo un taxi come invece avremmo dovuto fare>>, fece una pausa e fissò un punto nell'acqua, lontano da noi come lo era la sua mente in quel momento.

A BAD BOY LIKE YOUWhere stories live. Discover now