42. Dean

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Finale. 

Eravamo in finale! 

Dio, ancora non ci credevo. Avevamo vinto ed era esploso il casino attorno a me. Urla, applausi, bottiglie di vino stappate e gli abbracci in cui venivo travolto dai miei compagni. Fu un momento pieno di confusione ma pieno di felicità.

Ce l'avevamo fatta.

L'orgoglio verso i miei compagni e all'impresa che avevamo appena compiuto mi riempì il cuore. Quello sport era la mia vita. Mi rendeva vivo e non potevo perderlo.

Fu in quel momento che capii. Mi fu tutto chiaro.

Al diavolo la carriera da avvocato! Ero nato per tenere fra le mani una palla ovale, guidare i miei compagni. Essere un leader. Dare un esempio.

Nessuno poteva portarmelo via. 

Il coach arrivò alle mie spalle e mi tirò una pacca sulla spalla. <<Ottimo lavoro. Ora abbiamo un mese prima della finale>>.

Annuii. <<Sì, è così>>

<<Perchè non sei a festeggiare con gli altri?>>, chiese poi.

Ero rimasto in campo da solo. Lo stadio era vuoto ed era passata un'ora dopo la fine della partita. La festa si era spostata in spogliatoio e io avevo bisogno di un attimo. Tutto quello che era successo nelle ultime 24 ore mi stava un pò sopraffacendo.

<<Avevo bisogno di un attimo>>.

<<Capisco>>, disse, <<Hai preso una decisione sul tuo futuro?>>

<<Credo di sì. Voglio diventare un professionista>>, sussurrai così piano, assaporando quelle parole scivolare lentamente sulla mia lingua. Era la prima volta che lo dicevo ad alta voce.

Sul suo volto sempre così serio, comparve un sorriso. <<Sono orgoglioso di te. Di tutti voi. Grazie per avermi regalato questa opportunità. Allenarvi per me è un vero onore>>. Detto questo se ne andò.

L'uomo tutto di un pezzo, sempre controllato aveva finalmente fatto crollare il muro. Non lo aveva mai detto. A nessuno di noi, ma sapevo che pensava quelle cose. Sentirgliele dire però fu liberatorio. 

Anche io ero orgoglioso di me forse per la prima volta in vita mia. Avevo il football, la laurea era alle porte e avevo una ragazza straordinaria e bellissima a casa ad aspettarmi. 

Che stronzo fortunato.

Ero stato lì fuori da solo abbastanza. Rientrai in spogliatoio e la festa ricominciò da capo e questa volta non mi trattenni. Mi scatenai anche io: urlai fino a perdere la voce, bevvi direttamente dalla bottiglia di champagne e mi lasciai trascinare sotto la doccia ancora con la divisa addosso.

Mi sentivo leggero, spensierato e felice. 

Ore dopo spostammo la festa in un locale con tutto il team. Perfino il coach si unì a noi. Ci divertimmo, ridemmo e bevemmo forse un pò troppo. Non mi importava di niente.

L'unica cosa che rendeva triste quella serata era l'assenza di Destiny. La volevo lì con me e mi ero pentito di non averle chiesto di venire con me. Mi feci un appunto mentale: mai più senza di lei. 

Le avevo fatto una videochiamata qualche secondo dopo il fischio finale e aveva urlato assieme a me. Aveva la mia felpa addosso, quella che le avevo lasciato e mi sorrideva. Dio, se l'amavo. Così tanto da stare male.

La notte volò e alle prime luci dell'alba prendemmo l'aereo che ci avrebbe riportato a casa. Non vedevo l'ora di vedere Destiny e di dormire. Esattamente in questo ordine.

Poi c'era la questione delle lettere e dello stalker che voleva farmi fuori. No. Non mi sarei fatto rovinare l'umore per questo. Neanche morto.

Atterrammo quattro ore più tardi. Nessuno di noi era riuscito a dormire. L'adrenalina era a mille e l'umore alle stelle. All'atterraggio fummo accolti da un centinaio di fan che erano venuti per noi, per festeggiare il pass per la finale appena conquistato.

Il cuore minacciò di uscirmi dal petto. Lo facevo anche per questo. Per vedere quei sorrisi sui loro visi, dai bambini agli adulti, per sentir urlare il mio nome, per contare qualcosa.

Fu però un solo viso che mi fece tremare le ginocchia e traboccare il cuore di amore. Non me lo aspettavo. Destiny era lì. Bella da mozzare il fiato, con la mia felpa addosso e un paio di jeans stretti che le fasciavano le curve perfette. Corsi da lei, la sollevai da terra e la baciai. Ignorai quello che ci circondava e mi persi in lei, nel suo sapore e nella sua risatina.

La preoccupazione delle minacce scivolò dalle mie spalle e mi abbandonai a lei. Mi teneva proprio per le palle e nemmeno se ne rendeva conto. Avrei fatto di tutto per lei.

<<Ben tornato>>, disse quando ci allontanammo per riprendere fiato. 

Sorrisi. Era il miglior bentornato del mondo. <<Non mi aspettavo di trovarti qui. Perchè non me lo hai detto?>>, chiesi rimettendola a terra.

<<Volevo farti una sorpresa>>, rispose aggrappandosi al mio collo.

Ero felice. L'avevo già detto? <<Ci sei riuscita, regina delle nevi>>.

Alzò gli occhi al cielo a quel soprannome. Non lo sopportava proprio e io lo dicevo solo per darle il tormento. <<Andiamo?>>, chiese allungando la mano nella mia direzione.

Nella strada verso l'uscita, firmai qualche autografo e posai per qualche foto senza mai lasciare la mano di Destiny. Salutai i miei compagni e finalmente rimasi solo con lei, nella mia macchina.

<<Tutto bene?>>, mi chiese.

Avevo chiuso gli occhi per un attimo e mi stavo godendo quel momento di pace. <<Benissimo>>, risposi aprendo un occhio. La afferrai e la trascinai sulle mie ginocchia. 

Lanciò un urletto e mi schiaffeggiò il petto. <<Dean!>>, protestò.

Ingoiai la sua risata con le mie labbra piene di desiderio. La volevo da star male. <<Casa. Letto>>, dissi fra un bacio frenetico e l'altro.

Rise e si rimise al suo posto. Appoggiai una mano nella sua coscia e la sentii ansimare. Misi in moto l'auto e abbandonammo l'aeroporto. Non mi andava di tornare al campus perciò svoltai a destra in direzione della mia casa sulla spiaggia. Non ero in vena di condividerla.

<<Stai fissando, regina delle nevi. Vedi qualcosa che ti piace?>>, chiesi ad un certo punto sentendo il suo sguardo su di me.

Incrociò le braccia al petto. <<Sei così sicuro di te da essere fastidioso>>.

Ridacchiai. <<Fastidioso? Non bellissimo da togliere il fiato?>>

<<Oh, Dio! Quanto sei insopportabile!>>, scherzò. E tornò a guardarmi. <<Sembri distrutto>>.

Mi lasciai sfuggire un sospiro. <<Nelle ultime 48 ore ho dormito solo 4 ore. Sono a pezzi>>, ammisi.

<<Che ne dici di un bel massaggio rilassante quando arriviamo?>>

Alzai le sopracciglia. La miglior proposta di sempre. <<Forse più tardi. Ricordati che abbiamo un patto>>, ed indicai la mia felpa su di lei.

Arrossì. <<Hai ragione. Un patto è un patto>>.

Schiacciai il piede sull'acceleratore e corsi più forte. Avevo proprio fretta di arrivare a casa e farla mia. Mi sembrava una eternità dall'ultima volta.

Il mio telefono suonò nell'abitacolo e risposi dal volante senza guardare chi fosse a cercarmi. <<Pronto?>>

Ci fu un breve silenzio e stavo riattaccando quando una voce parlò. <<Se non posso averla io, allora non può averla nessun altro>>, e si chiuse la chiamata.

Destiny tremò sotto la mia mano ancora appoggiata sulla sua coscia. Alzai lo sguardo incazzato sulla strada e fu allora che la vidi. Un'auto stava arrivando verso di noi a tutta velocità. Non so chi dei due urlò prima che il buio mi inghiottisse. 



A BAD BOY LIKE YOUWhere stories live. Discover now