63. Il calore del suo abbraccio - II Parte

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MATHIEU

In un solo attimo crollò tutto e vidi Belle lasciare il locale di corsa con gli occhi lucidi per la rabbia. Forse avrei dovuto seguirla, ma qualcosa mi impose di restare lì e di chiudere quella conversazione.

«Non avrebbe dovuto definire Belle uno sbaglio adolescenziale» esclamai, nervoso.

«Per me lo è stato, perché mentirle? Le dovevo la mia verità, per troppo tempo ho taciuto» ribadì come se contassero solo le sue ragioni. «Cosa pensi? Che non mi sia sentito un verme quando l'ho vista entrare ieri nel mio ufficio?» Il suo tono esasperato mi fece capire quanto pesassero per lui le parole amare di Belle.

«Cosa intende con l'aver taciuto per troppo tempo?»

Le sue mani strinsero con forza il tovagliolo sul tavolo, era visibilmente teso. Respirò a fatica e poi prese a parlare: «Dopo la nascita di Belle, Catherine ha iniziato a spedirmi foto della bambina, descrivendo nelle sue lettere i progressi che faceva. Per anni ho sempre ignorato i suoi messaggi, non è stato facile all'inizio, ma avevo altre necessità all'epoca: il college, gli amici...»

«Questo lo ha già detto, non è necessario ripetere quanto fosse concentrato esclusivamente sulla sua vita» lo interruppi.

«Non ero pronto per fare da padre a quel piccolo scricciolo ritratto in foto. Non ero pronto a cambiare pannolini o a passare notti insonne. Io volevo una vita semplice, come ogni altro ragazzo della mia età. Così strappare quelle lettere mi parve la scelta più comoda.» Si fermò per qualche istante, sospirando lentamente. «Amavo Catherine, era diversa dalle altre o perlomeno lo era per me, ma non mi sentivo all'altezza di quella situazione. Quando non vidi più arrivare lettere, pensai scioccamente di essermi liberato di quel peso. Fino a qualche mese fa, quando ne ho ricevuta un'altra» mi rivelò. Tutt'a un tratto Jonathan smise di parlare, il suo sguardo era più che eloquente, mi ricordò sua figlia, neanche lei riusciva a nascondere le sue emozioni.

«Quindi la madre di Belle ha provato a mettersi in contatto con lei di recente?»

«Sì, ma non ho avuto il coraggio di aprire la sua ultima lettera, forse avrei dovuto.»

«Assurdo» commentai ad alta voce, le mie parole non erano rivolte a quell'uomo, ma alla situazione in generale.

Recuperai la borsa e il cellulare di Belle lasciato sul tavolo. Ero pronto ad andare, a raggiungere la ragazza con il cuore infranto che mi stava attendendo fuori.

«Già, tutto questo è assurdo. Se solo riuscissi a confrontarmi di nuovo con mia figlia, magari in un altro momento, quando sarà meno arrabbiata con me. Potrei farle capire che...»

«Ha già avuto un'occasione per rimediare, ma con le sue giustificazioni ha rovinato tutto. Quella ragazza non meritava di soffrire ancora a causa sua; mi creda, non può nemmeno immaginare quanto sia stato difficile per Belle venire qui oggi.»

«E per me lo è stato? Secondo te, come potrebbe sentirsi un padre che viene messo alla gogna dal suo stesso figlio?»

Sospirai, restare indifferente di fronte a tanto egoismo stava diventando complicato.

«Davvero pensa di potersi definire un padre alla gogna? Sono passati diciotto anni. Diciotto anni in cui non si è mai chiesto se Belle avesse bisogno di lei» gli ricordai, esasperato. «Sua figlia è una ragazza stupenda e non può capire quanto sia fantastico passare del tempo con Belle e conoscere ogni aspetto del suo carattere.»

«E invece posso immaginarlo, è la copia esatta di Catherine e come te ero follemente innamorato di sua madre» sbraitò con il volto arrossato per la rabbia.

La Ragazza che cuciva sogniWhere stories live. Discover now