37. Cuore in tempesta - II Parte

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«Ti sto perdendo?» La mia voce era un mormorio debole.

Temevo la sua risposta e la reazione che avrei avuto.

Steven inspirò, passandosi una mano sul viso, era così brutto vederlo nervoso e non era nervoso con qualcuno in particolare. No. Lui era nervoso con me, probabilmente mi detestava per quella domanda. Ancora una volta lo stavo costringendo a mettere a nudo i suoi sentimenti, ma avevo bisogno di certezze. Avevo bisogno di avere il mio amico accanto, a difendermi da me stessa come aveva sempre fatto.

«Non mi perderai, se è questo che vuoi sapere, ma non ti proteggerò dai tuoi sentimenti. Non oggi, non ora. Non posso più farlo.»

«D'accordo.»

Mi asciugai le lacrime, lui aveva smesso di lottare per noi e lo capivo. Ormai al suo fianco c'era Kristin e dovevo accettarlo.

Steven sorrise con amarezza per poi alzarsi dal letto. Mi venne incontro sedendosi a terra accanto a me.

«Scusami se sono stato duro con te. Sono arrabbiato e deluso con me stesso, vorrei tanto innamorarmi ed essere ricambiato, ma non è facile.» Potevo comprendere i suoi sentimenti, erano gli stessi che provavo anch'io. Lui aveva fatto un passo verso di me e adesso toccava a me.

«Com'è Kristin?» chiesi sincera.

«È una ragazza solare, socievole, parla molto e mi piacciono tanto i nostri discorsi. Mi piace poter dialogare con lei ore e ore senza mai fermarci. Adora ballare. Non so come ci sia riuscita, ma un giorno mi ha portato con lei a un corso di tango.»

Sorrisi divertita, era difficile immaginare Steven alle prese con dei passi di tango.

«E come è andata?»

«Credo di averle calpestato un po' di volte i piedi, ma in compenso adesso conosco il passo doble.»

Mi morsi il labbro inferiore per spazzare via una delle lacrime cadute. Ero felice per Steven. Lo ero davvero, meritava serenità e forse io non ero la persona adatta a lui. Forse noi due non eravamo destinati a stare insieme. Dovevamo farcene una ragione o magari no, magari un giorno ci saremmo ritrovati. Più grandi e più forti, ma non in quel momento, era ancora presto. Le paure facevano troppo male al cuore.

«Dai, mostrami qualche passo!»

Mi alzai da terra, pronta a dimenticare la nostra discussione e a ricominciare di nuovo da zero. Ero brava in quel periodo a riprendere in mano la mia vita e lo avrei fatto ancora.

Steven sorrise e accettò la mia richiesta. Mi prese dolcemente la mano destra e la portò in alto, all'altezza dei nostri cuori, con l'altra mano mi avvolse la schiena.

Si schiarì la voce e ridendo mi mormorò: «Allora signorina, segui i miei passi. Sono molto semplici.»

«Certo!» annuii, trattenendo le risate.

In quel preciso istante qualcuno bussò alla porta interrompendo la lezione di danza.

Io e Steven ci staccammo imbarazzati. Quando andai ad aprire, potevo ancora percepire il calore del mio amico sulla pelle.

«Scusate il disturbo, mi servono dei vestiti nell'armadio.»

Fulminai Mathieu con lo sguardo: stava fingendo.

Scossi la testa e lo feci entrare nella stanza. Aveva una bella faccia tosta a presentarsi dopo quello che ci eravamo detti in macchina.

«Non preoccuparti, la stanza è tutta tua. Togliamo immediatamente il disturbo» risposi, lanciando uno sguardo d'intesa al mio amico.

«Sì, infatti, io e Belle stavamo per uscire» aggiunse Steven.

«Dove state andando?»

Perché si interessava tanto dei nostri spostamenti? Cos'era, una strana forma di gelosia la sua?

«Belle, ti lascio preparare le tue cose con calma e intanto organizzo l'itinerario per il Central Park. Ci vediamo di sotto!» Le parole di Steven mi fecero alterare, non capivo il motivo per cui volesse lasciarmi sola con Mathieu.

Mentre usciva dalla stanza, mi diede un bacio veloce sul capo abbandonandomi con il disturbatore seriale.

«Così andate al Central Park?» domandò Mathieu.

«Sei un bugiardo, non ti servono i vestiti. Volevi solo intrometterti tra me e Steven!» Abbassò gli occhi a terra e scoppiò a ridere. Il fatto che non riuscisse a guardarmi, era un chiaro segnale: avevo ragione.

«Ti sbagli, non m'importa nulla del tuo fidanzatino liceale.»

Aprì l'armadio, spostando gli occhi furbi sulla parte riservata ai suoi vestiti.

«Io e Steven non siamo mai stati fidanzati. Inoltre, non sono affari tuoi dove passeremo il pomeriggio.»

Sbuffò, agguantando una vecchia felpa nera con un paio di jeans strappati. Richiuse l'armadio e si avvicinò a me, per poi posare una mano sulla mia spalla.

«Forse non ti è chiaro il concetto, non me ne frega niente di voi due.»

Sapevo benissimo che quello non era il vero Mathieu, ma lui si ostinava a mantenere quella stupida maschera.

«Non mi pare, e non dire che sei piombato nella mia stanza per prendere una vecchia felpa e un paio di jeans orrendi, perché non ti credo» gli urlai contro. «Ma perché ci tengo tanto a parlare con una persona così lunatica? La tua sfacciataggine fa parte della personalità numero uno o due?»

Sogghignò di nuovo, ma questa volta distendendosi completamente sul mio letto, come se fosse ancora il suo.

«Non sei simpatica, sai?»

Infatti non volevo essere simpatica con lui, ero arrabbiata e non potevo più nasconderlo.

«Dici che non ti importa nulla di me e allora perché vuoi aiutarmi? Ah, certo, la tua è compassione, ma davvero, non ne capisco il motivo.»

Si risollevò dal letto fissandomi meglio negli occhi. L'espressione divertita sembrava scomparsa.

«Purtroppo neanch'io ne capisco il motivo, ma su un punto hai ragione, dovrei essere coerente con me stesso e smettere di interessarmi a te.»

Senza aggiungere altro uscì dalla mia camera, sbattendo la porta alle sue spalle. Forse avevo un tantino esagerato, ma non mi pentivo delle parole dette.

Cinque minuti dopo, scesi le scale per raggiungere Steven. Era in salotto e chiacchierava con il marito di Louise, stavano parlando di sport. Quando il mio vecchio amico mi scorse, si apprestò a salutare Nathan e insieme ci avviammo verso la fermata del bus.

«Belle, va tutto bene? Mathieu ti ha infastidito?»

«No, però litigare con due ragazzi nello stesso giorno non è il massimo. Ma va bene così.»

Il bus si fermò davanti a noi e come ogni giorno era pieno di gente di ogni età.

Steven mi invitò ad andare avanti e così mi feci spazio in mezzo a quella folla di persone. Quando trovai un angolino libero, mi infiltrai all'interno assieme al mio amico.

«Mi dispiace per la discussione, ma se può consolarti tra noi due è tutto chiarito» disse per rassicurarmi.

Mi sentivo fortunata ad averlo al mio fianco. Appoggiai la testa sul suo petto abbracciandolo, probabilmente stavo sbagliando, ma non riuscivo a frenare i miei gesti d'affetto, volevo bene al mio amico ed era difficile fare a meno dei suoi abbracci.

«Grazie, Steven...»

«Per cosa?» chiese, accarezzandomi i capelli.

«Per starmi vicino e per accettarmi così come sono, so che non è semplice.»

Sospirò baciandomi teneramente la fronte.

«Ci sarò sempre per te.»

La Ragazza che cuciva sogniWhere stories live. Discover now