48. Un amore intenso

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«Lascia parlare me.»

Eravamo di fronte all'appartamento del secondo Jonathan Wood della nostra lista. Era una palazzina bassa di soli tre piani, accanto c'erano altri appartamenti simili, suddivisi da un cancelletto e da piantine tutte uguali. Mathieu mi fissò perplesso, sapevo cosa stava pensando.

«Ne sei sicura?» Le sue parole confermarono la mia intuizione, era preoccupato per me, preoccupato che non riuscissi a sostenere da sola l'uomo che mi aveva abbandonata.

Quella volta, però, non aveva nulla da temere, mi sentivo forte e preparata. Era come se la discussione con lui mi avesse in un certo senso trasmesso una nuova determinazione. Non ero la ragazza impaurita che credeva e lo avrei dimostrato non solo a lui, ma principalmente a me stessa.

«Sì, sicura!» risposi con fermezza.

Il mio compagno di viaggio posizionò il dito sul citofono, continuando a osservarmi con attenzione. Stranamente i suoi occhi non mi fecero arrossire e non mi procurarono imbarazzo, ma solo voglia di baciarlo. Stargli così vicino stava diventando una dolce tentazione alla quale non volevo e non riuscivo sottrarmi.

«Cosa c'è?» mormorai attratta dal suo fascino.

«Niente, mi piace la Belle coraggiosa.»

Prima che potessi rispondere al suo complimento, una voce richiamò la nostra attenzione.

«Chi è?» sbraitarono dall'altra parte del citofono, probabilmente il Jonathan Wood di Harrison non doveva essere una persona molto cordiale.

«Salve, signor Wood. Potrebbe aprirci, per favore? Io e il mio collega vorremmo parlarle a voce» dissi cercando di mostrarmi spigliata; accanto a me Mathieu ridacchiò per la situazione alquanto imbarazzante.

«Siete dei rappresentanti? Se volete vendermi qualche aggeggio infernale, avete sbagliato persona!»

Alzai un sopracciglio indecisa su come proseguire il discorso. Quello che avrebbe dovuto essere mio padre si stava rivelando un osso duro.

«Non proprio, vede noi...» Mathieu cercò di instaurare qualche forma di dialogo prima di essere interrotti nuovamente da quel timbro piuttosto seccato.

«Ho capito, siete dei servi di una di quelle sette religiose che vanno in giro a intortare la povera gente!» Scoppiamo entrambi a ridere, facendo infuriare ulteriormente la voce al citofono. «Se siete dei ragazzacci alla ricerca di divertimento, vi invito a bussare alla signora Snyder, sono certo che lei possa fare a caso vostro!»

«Signor Wood, stia tranquillo. Io e il mio collega vorremmo solo sottoporla a un'intervista.» Tornai alla carica prima che potesse chiudere il collegamento.

«Ha detto un'intervista?»

«Sì» risposi speranzosa.

«Di cosa si tratta?» L'uomo burbero sembrò più calmo e predisposto ad avere conversazioni.

«Stiamo raccogliendo informazioni sullo stile di vita degli abitanti di Harrison. Io e la mia collega lavoriamo per un'emittente televisiva.»

«Perché dovrei fidarmi di voi?»

Bella domanda!

Aveva tutte le ragioni per diffidare di due perfetti sconosciuti. All'improvviso la tendina, di una delle finestre, si spostò. Purtroppo la visuale era offuscata dai riflessi del sole, ma quel gesto inatteso ci salvò in corner. Il cancelletto si aprì e la voce, ormai familiare, invitò entrambi a entrare.

«Sembrate dei bravi ragazzi, salite fino al secondo piano!»

Io e Mathieu, seppur contenti di aver raggiunto il nostro scopo, ci scambiammo un'occhiata stupita.

La Ragazza che cuciva sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora