51. Miss Finezza

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Con Mathieu restammo a parlare per tutta la serata del logo e principalmente dell'intero progetto. Entrambi concordammo sul fatto che "Le Nénuphar" era molto più semplice da memorizzare rispetto a "La mode des nénuphars". La sua idea di trasformare la parola ninfea in lingua francese mi era piaciuta tantissimo.

Se Mathieu fosse andato via, vivere in quella casa non sarebbe stato lo stesso. Gli volevo del bene e non era un semplice bene affettivo, ma qualcosa che andava oltre. Un sentimento che era nato quella sera al parco, quando guardando le stelle i nostri due cuori erano entrati in contatto per la prima volta. Lì avevo visto Mathieu con occhi diversi. Sotto il cielo stellato di Brooklyn mi ero resa conto che dietro i suoi atteggiamenti, spesso fastidiosi, c'era ben altro.

Sbadigliai ormai stanca per la giornata trascorsa, quanto avrei voluto spegnere la luce, far finta di nulla e tornare indietro nel tempo. Lasciare di nuovo che le sue labbra e le sue mani mi stringessero in una morsa tenera e piacevole.

Mancava circa mezz'ora alla mezzanotte, quando incominciò a parlarmi degli ultimi inediti della band. Ne parlava con orgoglio ed era smanioso di farmeli ascoltare.

«Una sera di queste potresti venire con noi al "Red Moon"!»

Sorrisi entusiasta, quella poteva essere una buona occasione per mettere in atto il mio piano e far riconciliare Nathan con suo figlio.

«Certo, mi farebbe piacere ascoltarvi dal vivo.»

«Ottimo! Che ne dici di questo venerdì sera?»

Pensai alla sua proposta per qualche secondo, poi risposi senza esitazione: «Va bene, non ho impegni, ma probabilmente ritarderò con il lavoro e non voglio crearti problemi. Se vuoi, ti raggiungo dopo.»

Idea un po' sciocca, ma non sapevo cosa inventarmi per non destare sospetti.

«Come mi raggiungi senza una macchina?»

«Posso chiedere un passaggio a Norah, sono certa che non avrà problemi ad accompagnarmi. A che ora vi esibite?»

Mi fissò senza rispondere, spostai lo sguardo per non farlo insospettire, i miei occhi parlavano troppo.

«Belle, c'è qualcosa che vuoi dirmi? Sei strana.» Si prese una pausa e con la mano mi sollevò il viso per studiarmi meglio. «Se non vuoi venire, non è necessario dirmi bugie.» Liberò il mio volto dalle sue dita, avevo paura di guardarlo e leggere sul suo viso del dispiacere.

«In realtà ho solo un lavoro impegnativo da svolgere, ma ci tengo ad ascoltare i vostri nuovi inediti. Ci tengo a te.» Le ultime parole uscirono involontarie dalla mia bocca, quella doveva essere la serata delle confessioni.

«Va bene, non ci sono problemi, puoi raggiungerci direttamente al "Red Moon". Ci esibiremo intorno alle dieci.» Sospirai sollevata, Mathieu credeva a quella scusante.

«Cercherò di non ritardare. Adesso è meglio andare a dormire, domani si lavora.»

Mi conveniva scappare a gambe levate se non volevo ricevere ulteriori domande.

«Sì, infatti, domani mattina ci incontreremo in bus, probabilmente. Devo andare all'università per risolvere alcune questioni.» Era da un po' di giorni che non vedevo Mathieu in bus, sperai con tutta me stessa che si trattasse di un motivo positivo, ma purtroppo avevo dei brutti presentimenti. «Mi ha fatto piacere confrontarci sulle nostre passioni.»

«Anche a me.»

C'era una sorta d'imbarazzo nell'aria, era come se entrambi stessimo in attesa di un gesto o di un qualcosa che potesse avvicinarci ancora.

A malincuore mi alzai, avviandomi lentamente alla porta, ma a pochi centimetri dalla maniglia la mia mano esitò. Restò lì, sospesa e incapace di muoversi. Perché non riuscivo a rallentare i battiti del mio cuore? Rimasi ancora qualche secondo a osservare la maniglia, avevo l'irrefrenabile impulso di mandare la razionalità all'aria e seguire le mie emozioni.

La Ragazza che cuciva sogniWhere stories live. Discover now