58. Un picnic sotto le stelle - I Parte

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MATHIEU

All'inizio rimasi sorpreso per quel bacio improvviso, ma poi mi lasciai andare sempre di più attirandola a me e impedendole di scappare. Non volevo che si pentisse troppo in fretta per quel gesto, sapevo che avrei potuto perderla da un momento all'altro, perché lei era abituata a fare così: mi voleva, ma scappava, mi cercava, ma solo come amico. Peccato che io non volessi essere un amico, io volevo essere il ragazzo che l'avrebbe fatta crescere, volevo essere colui in grado di spezzare quelle catene che le imprigionavano l'anima e che oscuravano la sua vera essenza, perché sapevo che sotto quei milioni di strati si nascondeva una ragazza combattiva che voleva soltanto essere spronata.

Quando le nostre labbra si staccarono, la mia ragione riprese il controllo sulla situazione, perché mi aveva baciato con così tanta foga? Forse aveva sentito anche lei la mia mancanza? Forse rivedere il suo Steven le aveva reso tutto più chiaro? Non riuscii a rispondere a quelle domande, con Belle non ci riuscivo mai. Era brava a confondermi le idee, ma non otteneva lo stesso risultato con ciò che sentivo, quello che provavo per lei restava inalterato, nonostante tutto e nonostante Steven.

«Come mai questo bacio?» Se lei giocava con il mio cuore, anch'io potevo farlo con il suo, ma in maniera dolce, perché lei era delicata e non amava le tempeste.

I suoi occhi si spostarono da me alla porta di casa, mi voltai, curioso di scoprire quale fosse l'oggetto delle sue attenzioni, ma non c'era nessuno.

«Avevo voglia di baciarti, non esiste un perché» rispose vaga, ma sapevo che nascondeva altro dietro a quelle parole.

Nell'immediato decisi di non indagare, non volevo rovinare quel bacio né quel momento. Ero lì per lei, i dubbi potevano attendere.

«Ok, dove vuole andare?»

La sua espressione divenne pensierosa.

«Credevo che il mio tassista sapesse già dove portarmi. Comunque avrei fame, qui vicino c'è una pizzeria italiana, ti va di andarci?»

Sorrisi alla parola "tassista", ma in fondo non mi dispiaceva esserlo quella sera e neanche quelle a venire...

«D'accordo, fammi strada!»

Le aprii la portiera e la invitai a entrare, non vedevo l'ora di dare il via a quella fuga, anche se momentanea, dalla realtà. Durante il tragitto, Belle mi indicò molti posti per lei importanti: la sua vecchia scuola, la strada che percorreva spesso in bicicletta, l'hotel dove lavorava la madre, il negozio di tessuti e infine il suo parco preferito, quello dove amava rifugiarsi quando voleva stare sola.

«E se prendessimo la pizza d'asporto?»

«Per mangiarla dove?» domandai dubbioso, non conoscevo un posto dove rifugiarci per quel picnic notturno.

«Potremmo mangiarla al parco, ci sono dei tavoli con delle panche in legno. Sarebbe una cosa un po' insolita, ma mi piacerebbe cenare sotto le stelle» disse con occhi sognanti.

«Una proposta romantica, mi piace!»

I suoi occhi gonfi e stanchi brillarono per qualche istante, rivelandomi la sua gioia, ma anche il desiderio di dimenticare ciò che la turbava. Quanto avrei voluto davvero cancellare dalla sua testa i pensieri negativi...

 Quanto avrei voluto davvero cancellare dalla sua testa i pensieri negativi

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La Ragazza che cuciva sogniWhere stories live. Discover now