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Ashley

Sono le dieci passate e mi trovo davanti ai magazzini abbandonati, come mi aveva indicato Luke. Sento delle voci provenire dall'interno di una delle costruzioni e suppongo che Harry si trovi lì. 

Il posto è abbastanza isolato, accostato ad un bosco, e sull'asfalto c'è qualche traccia di sangue secco. Ricaccio dentro la bile e mi ripeto di non farci troppo caso, apparterrà a qualcuno che ha fatto a botte con qualcun altro. Niente di male, credo.

Alzo la lampo del giubbotto e mi copro di più, a quest'ora c'è davvero freddo. L'entrata del magazzino è formata da una grande parte di metallo tolta. Il posto, quindi, può essere accessibile a chiunque per lasciarlo esposto. 

Ho fatto davvero bene a venire qui? E se mi fossi soltanto cacciata nei guai e il padre di Asher non volesse davvero parlare? All'ultimo minuto domande del genere mi fanno salire l'ansia e la preoccupazione, che potevano anche starsene dov'erano prima, in un angolino remoto della mia testa. 

Man mano che mi avvicino, il rumore diventa più forte e mi sembra che le orecchie possano iniziare a sanguinare da un momento all'altro.

Quando entro una puzza incredibile di alcool mi avvolge; si, ho fatto decisamente male ad avventurarmi in un posto del genere. Sono solo un'esca, e gli squali mi stanno aspettando, famelici. 

Molta della gente mi ignora, e per fortuna che è così. Sono contenta che non si chiedano da dove una ragazzina indifesa come me salti fuori, completamente inadatta a un luogo così. Certi uomini fanno un brindisi con le proprie birre e noto che un tizio piccolo e bassino sta servendo diversi tavoli. 

Dal tetto (dove tra l'altro gocciola acqua, cosa che non mi stupisce date le condizioni di questo posto) pende un lampadario in oro placcato, nel quale sorgono diverse candele. Il "locale", infatti, non è per niente ben illuminato, e cosa peggiore sono le persone. 

Gli uomini hanno tutti delle barbe incolte, fasce sulle mani, bende ricoperte di sangue sulla testa e tatuaggi. Sono uomini che hanno vissuto nell'altra dimensione, quella in cui nessuno dovrebbe stare. Ma forse c'è chi se la merita, quelli sono gli esseri che non ostentano a fermarsi, quelli dentro il vortice della lussuria e incatenati a manette di fuoco, un fuoco che brucia le loro anime spente e prive di vita o colore. Quel colore che è stato rubato da un ladro comune: La società. Non tutti entriamo a far parte di quel mondo, non tutti siamo pronti ad accettarne le conseguenze. Perché è così, io questo non lo chiamo mondo, non la chiamo casa. 

Siamo schiavi della società e di noi stessi, e non facciamo niente per ribellarci. O chi ci prova, viene fatto sparire. Questi uomini sono coloro che si sono rifugiati nelle paure, che bevono per non stare a sentire ciò che gli altri dicono, per non poter ribattere ai loro pensieri. Sanno che in fondo quei pensieri, se detti a voce, potrebbero nuocere loro stessi. Quindi preferiscono starsene zitti. È questo, il nostro pianeta, oggi.

Scorgo Harry poco più lontano, da solo, seduto su uno dei tanti tavoli sparsi.

Quando cammino il legno di cui è ricoperto il pavimento scricchiola sotto i miei piedi, le quali suole bagnate dai liquidi degli alcolici gettati a terra. Le sedie del locale sono in realtà delle panche coperte da imbottiture in cuoio rosso e i tavoli sono formati da legno intagliato di quercia.

Harry mi vede e mostra un sorriso inquietante. Non posso tronare indietro, mi ripeto, ormai il danno è fatto. Prendo posto davanti a lui e attendo che cominci la conversazione.

"Come mai qui?" chiede. 

Mi scruta con gli occhi azzurri, gli stessi occhi che si trova a portare Asher. È brutto poter collegare suo padre a lui, quelle iridi che possiede non esprimono la stessa freddezza e dolore che ha suo figlio.

Mr. Bad BoyWhere stories live. Discover now