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Poso a terra l'ultimo scatolone pieno di vestiti e indumenti simili, sorpresa della mia impresa nel riordinare tutte le mie cose. Non pensavo davvero che mi sarei trasferita un'altra volta, considerando la situazione economica di mia madre e la solita e ormai indifferente assenza di mio padre.

Quando ho scoperto di dover lasciare Miami per sempre, la mia reazione non è stata una delle migliori. Ma tanto è sempre la stessa storia. Ho sempre temuto di rimanere sola a ogni mio trasferimento, perché le amiche che promettevano di richiamarmi e di tenersi sempre in contatto con me mentivano. Forse erano pure contente che me ne andassi. Aspettavano il momento giusto per liberarsi di me e tirare un sospiro di sollievo non appena sparita dalle loro vite.

Me ne sono fatta una ragione. D'altronde, che cosa potrei fare?

"Tutto bene?" Mi volto di scatto sentendo la voce profonda del mio migliore amico, comodamente steso sul mio letto nuovo. Mi fissa con gli occhi castani, e facendo pressione con le mani si tira a sedere.

"Certo." Scuoto la testa voltandomi verso di lui, "stavo solo pensando." Il viso di Hudson si contorce in una smorfia di disapprovo.

"Stavi pensando a quanto ti fanno schifo i traslochi, per caso?" tenta di indovinare. Lancio un'ultima occhiata allo scatolone posato sulla scrivania bianca prima di lanciarmi all'indietro sul letto e appoggiare la testa al cuscino.

"Sai quanto li odio." Hudson si gira su un fianco reggendo il viso con una mano.

"La cosa positiva è che hai finito", sorride.

Lui, invece, è la persona migliore che abbia mai conosciuto. Non solo per il suo carattere dolce, ma soprattutto perché per me è sempre stato presente, indipendentemente dalla situazione bella o brutta che è stata.

Ho sempre saputo quanto fosse capace, quanto il suo modo di pensare l'abbia fatto diventare una persona affidabile e amabile. Però, se raccontassi come io e lui ci siamo conosciuti, non si potrebbe dire la stesa cosa di adesso.

Ero in discoteca da sola, avevo solo 16 anni, e stavo ballando come una pazza in mezzo a una marea di gente sconosciuta.

Mi trovavo lì perché avevo rotto con un ragazzo e volevo "riversare il mio dolore divertendomi". Sembrava stesse andando tutto per il meglio quando un liquido si riversò sul mio vestito, bagnandolo completamente.

Avevo sollevato lo sguardo verso Hudson che rideva come un idiota. Si era giustificato dicendo che i suoi amici gli avevano imposto quell'obbligo, e gli avevo creduto anche se sapevo che ci stava solo provando con me.

Con il passare del tempo il suo tentativo di sedurmi venne rimpiazzato da un amore fraterno, e il resto venne da sé.

"Allora, che cosa vuoi fare?" domanda Hudson risvegliandomi da quei ricordi lontani.

Mugolo in risposta un niente. Dopo ogni trasferimento passo tutta la giornata a sistemare casa e aiutare mia madre a cercare con il GPS il supermercato più vicino.

Per ambientarci ci vuole qualche settimana, soprattutto se la città è grande. Stavolta, però, penso che non ci saranno difficoltà siccome si parla di Brooklyn. E poi non ho la forza necessaria neanche per compiere un altro passo.

"Andiamo di sotto", propone allora Hudson.

Con una spinta si tira su, alzando lievemente il materasso verso sinistra e facendomi fare un saltello.

Si passa una mano fra i capelli impregnati da una grande quantità di gel che li mantiene verso l'alto, e aspetta che mi alzi anch'io, che al contrario suo afferro il cuscino e lo metto sopra il viso.

Mr. Bad BoyDonde viven las historias. Descúbrelo ahora