서른 두.32

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Non mi accorsi che Hansol aveva uno sguardo assassino stampato in volto e che aveva scansato malamente il braccio di Mingyu per alzarsi dal divano e far scatenare l'inferno.
Vernon, che era un paio di centimetri piu basso di Jungkook, andò a pochi millimetri dal viso di quello che, con voce troppo sottile, segno che era parecchio incazzato, e il pugno già chiuso lungo il fianco, gli chiese con troppa pacatezza a cosa stesse alludendo.
Jeon non sembrava aspettarsi altra domanda accompagnata da quell'esatta reazione, continuando ad apparire sempre più compiaciuto.
"Ma come? Non lo sai? Ci siamo divertiti molto quella sera io e Lin.
Piccola, non dirmi che non ti ricordi..."
A quel nomignolo con cui Jungkook si era permesso di appellare la mia migliore amica, Hansol fece un solo passo indietro, giusto da dare quel tanto di distanza che gli serviva per mollargli un cazzotto sulla sua mascella scolpita.
Questo, non tanto per la sorpresa del gesto ma per la forza che ci aveva messo dentro, si accasciò parzialmente su se stesso, poggiandosi con un ginocchio sul parquet mentre alzava lo sguardo verso il ragazzo dai capelli biondo platino, senza che le sue labbra mutassero quel sorriso straffottente che non aveva abbandonato da quando aveva messo piede in casa.
Con più ancora estremo autocontrollo, Vernon chiese che cosa avesse fatto a Lin a quella festa.
Jungkook, restando nella solita posizione in cui era "caduto", guardò prima di sfuggita Lin che era ancora stretta al suo migliore amico che non l'avrebbe lasciata neanche se fosse stata la persona peggiore del mondo, poi se possibile, sorridendo ancora di più in modo sghembo, mi diede un'occhiata di sfuggita, riconcentrando subito dopo l'attenzione sul ragazzo in piedi davanti a lui, che attendeva una risposta alla quale non avrebbe tardato a fornirgli.
"L'ho fatta ubriacare- e già qui Hansol lo prese per il colletto tirandolo su per dargli un'altro pugno -e l'ho portata nella mia stanza.
È bastato che le sfiorassi il collo con un dito e le sussurrassi quanto volessi scoparmela dalla prima volta che l'ho vista- qui adesso quella che stava resuscitando dal suo stato di shock e che si stava già dirigendo verso il ragazzo al quale usciva il sangue dal naso, per dargli tante di quelle botte da far nevicare in agosto, ero io, che fui tempestivamente rifermata da Minghao e Junhui che mi impedirono di portare a termine le mie azioni -che lei era completamente abbandonata a qualsiasi cosa volessi farle.
Se qualcuno qui presente non ci avesse interrotti -e magicamente tutti gli occhi furono su di me -sarei anche riuscito ad ottenere quello che volevo."
Hansol stava per scoppiare e aprendo la porta dell'ingresso, prese Jungkook come una giacchetta a primavera e lo mollò sullo zerbino mentre con odio gli sussurrò:
"Non azzardarti a riavicinarti a Lin, a rivolgerti così alla mia migliore amica Jin e a ribussare a questa porta.
Taehyung e Namjoon saranno sempre i benvenuti, lo stesso non si può dire di te."
Detto questo, gli chiuse la porta in faccia mentre silenziose lacrime traboccavano dagli angoli dei suoi occhi per sottolineare quanto fosse un ragazzo fragile in realtà, cosa che cercava di mascherare con quell'espressione seria che molto frequentemente veniva squarciata da una schiera di denti bianchissimi e da un gorgoglio melodico che abbandonava la sua gola per riecheggiare in una cristallina risata, mentre gli occhi ridenti si assotigliavano in due piccoli semi archi.
Ma non voleva esporre la sua debolezza così in bella vista davanti a tutti, veramente non si era neppure reso conto che sul suo viso dai lineamenti morbidi aveva iniziato a piovere, così all'improvviso, con l'acqua salmastra che rigava le sue guance come dei piccoli ruscelli che attraversavano le più belle pianure incontaminate di un paesaggio rurale, mentre imponente, si estendeva il temporale sopra di loro, sovrastando la natura indifesa.

Hansol con passo spedito iniziò a dirigersi verso la zona notte della casa, sorpassando Lin senza far collidere i loro occhi, consapevole che se avesse compiuto quel gesto così all'apparenza insignificante, si sarebbe lasciato far trasportare dalle emozioni contrastanti che stava provando, cedendo ai vividi e verdi occhioni cerbiatteschi della piccola ragazza con il petto percosso da forti sospiri, anche se la parte razionale e non masochista di se stesso era veramente incazzata verso i suoi confronti.
Lanciando per una brevissima frazione di secondo, uno sguardo con la coda dell'occhio verso la mia persona, che lo stava osservando con un cipiglio tristo e currucciato, comunicandomi quanto serviva da farmi capire che cosa si aspettasse che facessi in quel momento.
Era il mio migliore amico e non serviva neanche che mi chiedesse una specie di conferma con quel piccolo e impercettibile gesto, l'avrei fatto comunque.
Desiderava che lo seguissi, che non lo lasciassi solo in balia nell'oscurità che stava per inghiottirlo vivo, se non si sarebbe aggrappato a qualcosa.
Nella stanza era rimasta solo l'aura della presenza di Hansol, che aveva abbandonato la sala solo pochi attimi prima.
Seungcheol che non voleva mollare per nessun motivo nell'universo la sua migliore amica, nel frattempo stava silenziosamente parlando con me non verbalmente.
Guardai Jeonghan che stava già annuendo capendo al volo quello che stavo per dire.
"State con lei?
Distraetela, fatela sfogare, portatela a fare un giro.
Nello sportello nascosti dentro un finto barattolo per la pasta, dovrebbero esserci ancora dei Twix."
I Jeongcheol annuirono e io mi precipitai oltre la porta del corridoio, diretta nella camera di Vernon.
Senza bussare, entrai chiudendomi la porta alle spalle e raggiungendo quel gomitolo biondo platino che stava rannicchiato ginocchia al petto e testa nascosta in mezzo ad esse, con le braccia poste sopra come se si volesse proteggere anche dalla polvere che giocava a nascondino per gli antri più bui e dimenticati della camera, lo avvolsi tra le mie braccia come un panda, mentre sentivo il suo corpicino tremare violentemente contro il mio.
Singulti plurimi venivano trattenuti nella sua gola e le lacrime avevano ripreso la loro discesa tormentosa verso le guance del ragazzo, copiose e fastidiose.
Non dovevo domandargli nulla, sapevo che se avesse voluto, avrebbe iniziato a mettere una parola dietro l'altra, sconnettendo le frasi, imprecando e passandosi ripetutamente le mani tra i capelli, tirandosi leggermente alcune ciocche.
Ma quella volta non fù così.
Quella volta disse una semplice e chiara frase, che non poteva essere fraintesa, smentita, con un significato importante, che lacerò comunque il cuore del mio migliore amico quando la pronunciò.
Con il rumore dell'innaspettata, dolce, pioggia, che aveva incominciato a tichettare contro i vetri incessantemente, sincronizzandosi con le ultime lacrime salate che si rincorsero lungo le sue guance, scivolando sotto il mento per poi terminare il loro triste gioco nel collo del ragazzo, nel silenzio e nel corpo non più scosso dai singhiozzi di Vernon, quelle comuni parole riecheggiarono in quei pochi metri quadri.
"Amo Lin con tutto me stesso.
Eppure riesce a farmi toccare il cielo con un dito e a buttarmi tra le fiamme dell'inferno un secondo dopo."

•How is living with the Seventeen•Onde histórias criam vida. Descubra agora