Our secret

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Una settimana e zero notizie da parte di Adriel. Non rispondeva alle chiamate e gli unici messaggi che riceveva da parte sua erano sempre i soliti "Non posso parlare ora" "Si" "No" "Okay" "Bene" "Ciao".

Dante era ormai arrivato al culmine della sopportazione e non poteva nemmeno mollare il lavoro su due piedi per andare a controllare di persona cosa stesse succedendo perchè era oberato di lavoro e ogni quindici minuti aveva una qualche riunione a cui non poteva mancare, che fosse qualche nuovo accordo con altre compagnie o qualche assemblea per valutare l'andamento delle vendite, dei consumi e il stabilimento dei budget.

Si sentiva frustrato, gli sembrava che ancora una volta le redini della sua vita gli stessero sfuggendo di mano e si sentiva impotente.

Tutto a causa di Adriel. Pensò mentre rientrava nella sala riunioni dalla quale era uscito pochi minuti prima per andare a prendersi un caffè. Ormai qualsiasi scusa era buona per uscire da quella stanza. Leda aveva insistito dicendo che sarebbe potuta uscire lei, andare al bar e portargli un caffè decente ma lui si era impuntato. Non poteva di certo dirle che voleva andarsene da quell'ufficio per un po' quindi aveva usato la scusa che lei non era lì per fargli da cameriera quanto piuttosto da segretaria.

Tornò a sedersi sulla poltrona di pelle nera ed appoggiò il bicchierino di plastica sulla superficie di vetro del grande tavolo.

Uno dei manager aveva passato quasi tre quarti d'ora a parlargli di quanto sarebbe conveniente cambiare strategia di marketing ma a Dante le proposte sembravano tutte una più stupida dell'altra e aveva finito per scartarle tutte.

Nella sala regnava un certo nervosismo: I suoi impiegati erano tutti tesi come corde di violino e avevano paura a parlare temendo di essere licenziati in tronco.
Non era nello stile di Dante lasciare qualcuno senza lavoro per non aver svolto bene una questione per una volta, ma vedere con quanta incompetenza quel manager -di cui non ricordava nemmeno il nome- aveva fatto delle controproposte, l'aveva irritato parecchio.

Bevve un sorso di caffè facendo una smorfia subito dopo: -Cos'è questo schifo?-
Leda si sporse verso di lui e guardò il liquido nero e fumante: -Da quello che posso vedere io, un espresso.-

-E' acqua sporca.- ribattè il biondo: -Potete tornare al vostro lavoro, visto che nessuno di voi è in grado di trovare qualcosa di veramente innovativo.-

I presenti nella stanza tenevano tutti lo sguardo basso e fisso di fronte a se, nessuno aveva il coraggio di fiatare.

-E mandatemi quelli del settore finanziario.-

Le sue parole furono seguite dal rumore delle sedie che strisciavano sul pavimento, passi che si allontanavano e un leggero mormorio appena percettibile.

Leda aspettò di restare sola con Dante per potersi alzare, prendere il caffè e andare a buttarlo nel cestino.

-Stressatino?- chiese tornando da lui: -Lo so, è una giornata pesante.- disse appoggiandosi con un fianco al tavolo.

Dante alzò gli occhi nella sua direzione reclinando la schiena alla poltrona, allentò di poco la cravatta e scosse la testa.

-Hai sentito anche tu quante cazzate hanno detto, sempre se ci hai capito qualcosa.-
-Non ci capisco molto in amministrazione, ma la mia laurea in marketing e commercio mi ha aiutato a comprendere qualcosa.-
-Laurea in marketing e commercio, eh?- Dante alzò un angolo delle labbra in un mezzo sorriso divertito.
-Stupito?- domandò Leda inclinando la testa da un lato.
-Un pochino.- ammise l'uomo e questa volta fu la sua segretaria a rivolgergli un sorrisetto sghembo.
-Potrei stupirti in molte maniere, signor Rosewain.- rispose ammiccando. La loro conversazione fu interrotta dall'arrivo dei direttori amministrativi che uno alla volta presero il posto dei direttori marketing.


The gold diggerWhere stories live. Discover now