19. Colazione in famiglia

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«Avevo da fare...»

«Davvero? Mi farebbe piacere essere informata sulle tue abitudini. Tornare alle tre di notte non è un orario consono.» Mathieu rise, scuotendo la testa.

«Ho superato i sedici anni già da tre anni, non devo chiederti il consenso per uscire di casa. Tra l'altro, non mi pare sia tua abitudine chiedere permessi agli altri.» Quella frecciatina era chiaramente riferita alla sua camera e alla sottoscritta. Non doveva proprio digerire la mia presenza.

«Non potevo sapere della tua espulsione dal dormitorio, altrimenti io e tuo padre ci saremmo organizzati prima. In ogni caso, questa casa è mia e decido io chi farci dormire o meno.»

Dopo aver ascoltato le parole della madre, finì di bere il suo latte e, sbattendo la tazza sul tavolo, si alzò con eccessiva irruenza. Non potevamo continuare in quel modo, non era giusto né per me e né per le persone che mi stavano ospitando.

«Perfetto! Avrò il diritto di fare quel che mi pare o dovrò aspettare la tua autorizzazione? Perché in quel caso preferisco dormire su una panchina per strada.»

«Allora dovrai farlo, così forse inizi a renderti conto di come funziona la vita. In questa casa ci sono delle regole ben precise e adesso sei pregato di lavarti la tazza da solo. Non sono la tua cameriera.» Louise si sollevò dalla sua postazione arrabbiata e si avviò fuori dalla cucina. Prima di sparire del tutto, si voltò verso suo figlio: «Ah, e faresti bene a scusarti con Belle per come l'hai trattata» gli ricordò.

«Mi scuso per i modi, ma la mia idea su di lei non cambia» disse, evitando di rivolgermi lo sguardo.

«E quale sarebbe la tua idea?» chiese Louise, mettendoci imbarazzo.

Non volevo sapere cosa pensasse Mathieu di me, mi bastavano le sue occhiate eloquenti.

«Penso che farebbe bene a cercarsi una stanza in affitto, che questa casa, come ami ripetere, non è un albergo.»

Louise gli lanciò un'espressione carica di veleno e io mi sentii per un istante piccola piccola. Come avrei potuto controbattere? Se lui non aveva il coraggio nemmeno di dirmi quelle cose guardandomi negli occhi.

«Belle resterà qui tutto il tempo che vorrà. Per quando riguarda il trovare una stanza in affitto, vale più per te che per lei» replicò con durezza, per poi andarsene.

Deglutii, quella discussione tra madre e figlio mi aveva lasciato un forte senso di disagio.

«Mi aiuti a lavarla?» Mathieu si rivolse alla sorella con la tazza in mano.

«Non mi dire che ancora non hai imparato a lavare i piatti?»

«Mi aiuti o no?» rispose imbarazzato e allo stesso tempo nervoso per quello che aveva detto Louise.

«Armati di pazienza, ti voglio vedere lavare tutti i piatti entro dieci minuti, su svelto!» ordinò la sorella con un ghigno malefico.

«La vicinanza con nostra madre inizia a farti male» commentò il ragazzo avviandosi vicino al lavello.

Yvonne lo raggiunse e con disinvoltura gli mostrò come pulire la tazza, spiegandogli da dove partire e che movimenti fare.

«Capito? Prima insaponi e poi sciacqui, è semplice.»

Mathieu la osservò perplesso, come se lavare i piatti fosse l'azione più complicata del mondo.

«D'accordo» esclamò con incertezza, mentre sua sorella esaminava i movimenti di Mathieu, mettendolo ancora di più in imbarazzo, come se non lo fosse già abbastanza.

«Bravo, così, adesso lava la tazza di Belle.»

«Perché dovrei farlo?»

Già, perché doveva farlo? Guardai Yvonne sconcertata.

«Per dimostrare alla nostra ospite che non sei così rozzo e maleducato come vuoi far credere» obiettò la sorella.

Ok, quella era una vera cattiveria nei confronti di entrambi, non pensavo fosse così sadica Yvonne ma, al contrario di quanto mi aspettassi, Mathieu si avvicinò sul serio a me, stava davvero accettando di lavare la mia tazza? Non ci pensai due volte e gliela porsi.

«Ecco» mormorai timidamente. «Gr-grazie» aggiunsi.

Senza rispondermi, me la strappò dalle mani per tornare dalla sorella. A quanto pare la "tregua" era durata pochi secondi. Continuai a osservare la scena da lontano. Mathieu scocciato prese la spugnetta e incominciò a strofinare con forza. Strofinò con così tanta enfasi, che la tazza volò nel lavello. L'impatto contro gli altri piatti fece spaventare Daphne, che con una corsa goffa si nascose sotto al tavolo. Risi di gusto, contagiando anche Yvonne, quella coniglietta era una fifona, ma le volevo davvero bene.

«Divertitevi pure voi due alle mie spalle, vi aspetto al varco.» Mathieu fece una smorfia contrariata e, con sicurezza ostentata, sciacquò la tazza e la ripose nel ripiano.

«Certo, certo... Cos'è una minaccia?» Yvonne gli schizzò divertita un po' d'acqua sul braccio e lui ricambiò spruzzandogliela sul naso. «Scemo! Mi stava finendo negli occhi!»

«Esagerata, e comunque il mio è solo un avvertimento» rispose con finta ironia.

«Oh oh... che paura... Disse l'uomo che non sapeva nemmeno lavare i piatti» continuò a prenderlo in giro.

«Dai, aiutami ad asciugarli se non vuoi fare infuriare nostra madre.»

«Tanto l'ha chiesto a te, non a me.» Gli fece una linguaccia, strappandomi un altro sorriso. «A proposito, quand'è che chiedi scusa a Belle?» ritornò con astuzia sul discorso di Louise.

Appoggiai esasperata una mano sul viso, la risposta del ragazzo non tardò ad arrivare.

«Scusami» pronunciò controvoglia, guardandomi negli occhi. Restammo a fissarci per un po', io incredula e lui con disprezzo. 

Trascorsi il resto della mattinata chiusa nella mia stanza con Daphne

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Trascorsi il resto della mattinata chiusa nella mia stanza con Daphne. Disegnai per molte ore; progettai una decina di bluse ognuna con qualche elemento diverso. Aggiunsi volant, fiocchi, drappeggi vari e tagli asimmetrici. Mentre osservavo quei modelli, la mia mente era lì, fissa a fantasticare sulle stoffe e i colori da utilizzare.

Con gli acquerelli feci un paio di prove, alcune combinazioni non mi soddisfacevano, ma altre invece raggiungevano quasi la perfezione. Avevo ancora tanto da ritoccare e progettare, ma ero contenta del lavoro svolto.

A un tratto sentii il telefono squillare. Rimasi un attimo immobile, ma poi quando vidi il nome del mio migliore amico sul display risposi raggiante.

«Steven!»

«Salve, signorina Reyes, le piacerebbe fare una passeggiata con il sottoscritto?»

Involontariamente mi ritrovai a sorridere, non potevo crederci: aveva mantenuto la promessa!

Mi alzai di scatto dalla sedia avvicinandomi alla finestra, spostai la tendina e vidi la sagoma del mio migliore amico appoggiata alla sua macchina. Appena i nostri occhi s'incontrarono, il cuore cominciò a scalpitare per la gioia. Non vedevo l'ora di scendere da lui e abbracciarlo forte.

«Certo che ho voglia di passeggiare con te. Aspettami lì, scendo subito!»

La Ragazza che cuciva sogniWhere stories live. Discover now