★Capitolo 1 Una nuova Amica ★

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Il trillo della sveglia digitale mi desta di soprassalto.

Apro gli occhi, impigrito, i raggi del sole che filtrano dalla finestra irradiano il mio viso, costringendomi a chiuderli. «Accidenti, è già mattina!» Borbotto con la voce impastata dal sonno, sbadigliando, sbuffando allungo una mano e disattivo l'aggeggio infernale. Scosto svogliatamente la coperta mentre scendo dal letto.

"Adesso basta perdere tempo, devo prepararmi e andare all'università!"  Mi osservo allo specchio del bagno: ho un aspetto trasandato e i capelli scompigliati. «Una bella doccia rilassante, una colazione abbondante, e sarò pronto per l'università!» Dico entusiasta e mi spoglio. Entro nel box doccia, e sotto gli spruzzi d'acqua calda, mi rilasso, esco dal box ancora gocciolante e, mi avvolgo addosso un accappatoio. Indosso jeans strappati, una maglia con raffigurato un teschio e un giubbotto di jeans azzurro, all'orecchio destro non mancavano i miei piercing argentati. Una collana a catenina al collo, ho una fissa nel vestire alla punk, esco dal bagno, ed entro in soggiorno. 

Maxim, mio fratello maggiore, è seduto a tavola e consuma la colazione: muffin al cioccolato e caffè.

«Ehi, buongiorno, Max», è mio solito chiamarlo con il diminutivo.  «Ciao», ripete costui con fare annoiato. 

Io come ogni mattina, noto la sua solita espressione corrucciata. Mi accomodo accanto a quest'ultimo. «Tra poco vado all'università, buon lavoro, a stasera», dico, mentre consumo il pancake al cioccolato e sorseggio un succo di frutta: al gusto albicocca. Guardo mio fratello che scostante mi ignora.

Lo osservo rattristato. «Max, ehm, tutto bene, fratellone?» Chiedo in attesa di una risposta, Maxim con freddezza mi guarda negli occhi. «Va tutto bene? Igor, ma non capisci? Non va niente bene, sono stufo di questa vita! Sei solo un peso per me. Ti odio, quella maledetta sera dovevi morire tu e non loro!» Sbotta sbuffando.  Resto annichilito dalle sue parole offensive, lo guardo negli occhi. «Già hai ragione, fu colpa mia, se i nostri genitori morirono, io non volevo. Ti prego perdonami», dico in tono supplichevole, con gli occhi lucidi, sentendomi in parte responsabile della morte dei nostri genitori, quell' orribile ricordo mi tormenta.

In un attimo, sento un forte bruciore alla guancia destra. Maxim mi ha appena sferrato uno schiaffo.

D' istinto mi passo una mano sulla guancia dolorante e fisso mio fratello negli occhi. «Non farlo ma più, non alzarmi più le mani addosso!» Ribatto sbraitando, mentre scatto in piedi e, prendendo lo zaino a tracolla con raffigurato un marchio due ali d’angelo bianche, senza proferir parola, esco di casa sbattendo la porta.

A malincuore proseguo il percorso per raggiungere l'università Lomonosov.

Proseguo per le strade Moscoviti, sui marciapiedi. Con sguardo triste e pensieroso, sono abituato a andare all'università da solo.

Mio fratello è sempre troppo occupato col suo lavoro, da potersi rendere conto che avessi bisogno di lui, del suo affetto. Niente, è inutile. Sospiro amareggiato, e con le mani affondate nelle tasche dei jeans avanzo, mentre il caos di veicoli prosegue la loro corsa, io avanzo proseguendo verso l'università e da lontano la inizio a scorgere.

"Ecco sono arrivato." 
L'immensa struttura dell'università si staglia poco distante da me. Sorrido avanzando verso l'entrata.

Una volta oltrepassato l'ingresso, facendo slalom riesco a evitare la calca di studenti nei corridoi. «Permesso», dice una ragazza in modo frettoloso. Io mi volto indietro, vedo una ragazza dai capelli rossi e occhi color acquamarina. «Ti sei incantato? Ehi!» Esclama la ragazza. Io resto sorpreso. Quella giovane assomiglia molto alla giovane che avevo visto in sogno. «Ah, scusa ero sovrappensiero tutto qui, ehm, devo andare ci si rivede», rispondo e, la saluto con la mano, mentre avanzo verso l' aula che frequento. 

Intanto sono seduto al mio banco, insieme ai miei compagni.  Ascolto la spiegazione del prof. Anton: dai capelli castani e occhi azzurri trentatreenne. Segno gli appunti sul quaderno, quando a un tratto la porta dell' aula si apre e resto sorpreso di veder entrare in aula, la ragazza di prima. La giovane con imbarazzo si guarda intorno. «Buongiorno, scusate il ritardo!» Farfuglia abbozzando un timido sorriso. Il prof. con un sorriso guarda la giovane. «È questa l'ora di presentarsi in aula? Sei in ritardo!» Il tono di voce è irritato, io guardo la ragazza che è lì vicino alla cattedra dove è seduto il prof.  «Mi dispiace non volevo saltare la vostra lezione. Sono arrivata in ritardo per un contrattempo» Spiega la giovane. Il prof. guarda la ragazza con sguardo serio, poi sorride. «Tranquilla. Va bene, dunque dovresti essere Irina Chochev? La nuova arrivata, giusto? Presentati ai tuoi nuovi compagni!» Annuncia l'insegnante con un sorriso.

«Ciao a tutti, ehm, come avete capito mi chiamo Irina. Ho venti anni, sarò la vostra nuova compagna. Ecco questo è tutto», conclude avanzando per la fila di banchi occupati. Irina sembra a disagio nel non trovare un posto vuoto in un banco da poter occupare. Notando la ragazza in piedi e, che ha uno sguardo smarrito come per dire Adesso dove mi siedo? Non c'è un posto per me, io sposto lo zaino a tracolla dalla sedia vuota e, lo appendo allo schienale della sedia e con un sorriso affabile guardo la ragazza. «Ciao, potresti sederti accanto a me, se vuoi c'è un posto vuoto». Irina accoglie l'invito con un sorriso. «Grazie», e si siede sulla sedia accanto a me. Ci guardiamo negli occhi, per un istante e sorridiamo. Insieme iniziamo a seguire la lezione.

ᴀɴᴏᴛʜᴇʀ ʟɪғᴇ #Completa (In Revisione)Where stories live. Discover now