Capitolo 21 - Prima Parte

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«Dove stai andando? Torna qui!» gridò Elidana, ma il ragazzo continuò per la sua strada.

Aran gli afferrò le spalle. «Basta! Hai ottenuto ciò che volevi!» Cora lo scostò e proseguì implacabile.

«Fermalo!» gridò Elidana.

La luce dello scettro divenne più intensa. Aran provò a muoversi, ma si trovò bloccato. Al suo fianco, anche Elidana sembrava vittima della sua stessa sorte. L'aria divenne più pesante e ogni respiro fu più difficoltoso del precedente.

Ma Cora avanzava senza fatica. Il passo sicuro verso lo scettro, senza mai voltarsi. Sembrava incapace di vedere altro, come se una voce lo stesse chiamando. Una falena con la sua fiamma.

Dallo scettro si allargarono emisfere di energia, la temperatura aumentò ancora.

Aran si portò le mani alla gola. «Cora... aiuto!»

Cora si fermò, come se avesse finalmente sentito la voce dell'amico. Ma noncurante delle sofferenze che i due stavano provando, ritornò sull'oggetto del suo desiderio. Una ragnatela di vene si mostrò, luminosa, attraverso la pelle viva. L'energia e i simboli vennero assorbiti dal suo corpo. Cora era a un passo dallo scettro e alzò una mano ad accarezzarne la superficie, girò attorno alla pietra incandescente. Sul volto, un ghigno soddisfatto.

I rami più fini della radice si disintegrarono in una nuvola di fumo e il rizoma si ritirò fino a sparire. La pietra mandò un'ultima folata di calore, un'onda d'urto così potente che Aran si trovò schiacciato contro la parete, Elidana al suo fianco. Un cerchio di energia inglobò Cora e lo scettro, il calore aumentò ancora, e con esso anche la luce. Aran chiuse gli occhi, li serrò quanto poté ma, anche così, fu come se l'avessero accecato con due spilli luminosi.

Quando il dolore fu passato e la luce meno intensa, Aran riaprì gli occhi e vide centinaia di simboli prendere forma sulla superficie della sfera: si scioglievano in flussi di energia che vorticavano attorno a Cora. Le correnti ondeggiarono in aria fino a intrecciarsi e si unirono in una semisfera con il Sole di Aletar tra le fiamme. La tunica di Cora bruciò e il disegno sulla schiena uscì dalle carni. Il simbolo attirò a sé l'energia della stanza.

Danzò un'armonia di suoni che alimentava sentimenti di gioia e dolore, speranza e disperazione. La musica, giunta da altri mondi, vibrava nei loro corpi.

Una goccia densa e brillante scivolò per lo scettro fino a toccare il suolo, riempì la fantasia dei solchi e passò tra le pareti, fino al soffitto.

Cora gridò, un urlo straziante che sembrava l'avessero trafitto con centinaia di spade. Il sole vorticò rapido sulla schiena e lo scettro iniziò a risucchiarlo fino a consumarlo del tutto. Il materiale di cui era composto mutò dal bianco al nero e viceversa, per stabilizzarsi in una tonalità grigio scuro. Cora cadde al suolo come un ceppo di legno e i suoni cessarono. Rimasero solo il silenzio e il buio.

Aran provò a divincolarsi per l'ennesima volta, e finalmente il suo corpo rispose. Si lanciò in avanti a raggiungere Cora, ed Elidana lo superò in velocità. Lei si tuffò sul corpo inerte dell'amico e lo strinse tra le braccia.

«È vivo, vero?» chiese Elidana, «Dimmi che è vivo, ti scongiuro.»

Aran la scostò e afferrò Cora per le spalle. «Svegliati forza, svegliati!» urlò.

Lo riempì di ceffoni così forti che avrebbero destato un orso dal letargo. La ragazza era in lacrime. Cora alzò la punta delle dita e mandò un gemito disarticolato. Gli occhi, rossi come rubini, ripresero il colorito castano.

Elidana lo strinse. «Come stai? Cosa ti è saltato in mente?»

Cora sbatté le palpebre un paio di volte e fece un largo sorriso. L'espressione di un bambino. «Non mi crederete,» disse, «ma ai miei piedi ho visto Lud e l'orfanotrofio. Ho visto un'infinità di soli e lune alternarsi nel cielo. Ho visto noi... da piccoli... giocare tra le radici.» Si appoggiò allo scettro e si tirò in piedi. Elidana gli offrì la mano, ma lui la fissò come se non riuscisse a capire.

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