Capitolo 15 - Seconda Parte

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Vega si chinò per riprenderlo e alzò lo sguardo su Marmorel. «Sai, se avessi qualche anno in più, potrei dire che sei identica a una mia nuova amica.» Lei si tirò indietro e prese a tremare. «Se non sbaglio abbiamo fatto conoscenza dalle vostre parti.» Vega ridacchiò. Aran strinse il pugno, pronto a saltargli addosso. Ma Camiel lo afferrò per un braccio prima che potesse fare qualcosa.

«No.» Lo sguardo del guerriero divenne minaccioso.

Vega andò via con i suoi uomini e le porte si chiusero alle loro spalle, in un tonfo a cui seguì un silenzio surreale.

«Che significa?» sussurrò Marmorel.

«Hanno preso i nostri genitori» rispose Aran.

Marmorel singhiozzò. Elidana e Fez la tennero per mano.

Aran si voltò verso Camiel. «Abbiamo finito?» domandò con rabbia, ma lui scosse la testa.

«Non farti intimorire, non abbiamo certezze e compiere azioni avventate è proprio ciò che vuole Vega.»

«Fate entrare la delegazione hozmana» ordinò il Duca. Il valletto gli versò un bicchiere di vino.

Cinque uomini e una donna varcarono la soglia: sei guerrieri il cui taglio degli occhi e il colore dei capelli ricordavano quelli di Camiel.

A passo ritmato, procedettero fino ad arrivare di fronte al sovrano. Si inchinarono secondo protocollo, e solo allora Aran ci fece caso. Da quando avevano messo piede nella stanza, non avevano degnato Camiel né di un saluto né di uno sguardo.

Ma qualunque fossero le loro motivazioni, il giovane Allet non poté che rimanere rapito dalla loro eleganza, più nei modi che nel vestiario. Portavano lunghe tuniche legate con una corda d'argento alla vita. Tre avevano il fodero stretto al fianco, l'elsa della spada hozmana e la pietra incastonata, legata con i fili amanastriani che ne sigillavano il potere. Il più mingherlino del gruppo aveva sulle spalle un arco di splendida forgia e una serie di intarsi sull'estremità; anche su quell'arma, proprio sopra l'impugnatura, c'era una pietra di Seorite.

Uno di loro indossava un intero guanto di metallo con un cristallo di differente colore per dito.

«Li conosci?» sussurrò il giovane Allet, ma Camiel non gli rispose.

Nascosto tra i lunghi capelli scuri che cadevano a coprire la schiena, sbucava il disegno di un alba ricamato. Aran aveva già visto quel simbolo, apparteneva alla città di Hozma con cui suo padre intratteneva la maggior parte dei commerci, lo stesso simbolo che era inciso sulla collana che aveva dato il via a tutte le loro sventure.

L'uomo in mezzo mosse un passo in avanti. «Vostra Maestà, rinnoviamo il ringraziamento per questo incontro e per il tempo che ci ha concesso. Il nome che mi fu dato da mio padre è Iak Zan Iasen, guerriero dell'Impero e proveniente da Meliro. Il mio signore e vassallo dell'imperatore è Firion Zan Tiros, Reggente dell'Alba.»

Il Duca gli sorrise e l'hozmano parlò di nuovo: «Abbiamo ricevuto notizie che un fuggitivo abbia varcato le porte di Amanastre.» Rigido come una colonna, indicò Camiel. «Vostra Maestà, esiste un editto che obbliga ogni suddito dell'Impero a provvedere alla cattura di quest'uomo. Non sarà riconosciuta la sua appartenenza al casato del Crepuscolo fino a quando non espierà le proprie colpe.»

«M-Ma...» borbottò Fez.

Aran rimase ad aspettare che Camiel dicesse qualcosa in sua difesa, che da un momento all'altro ritornasse lo sfuggente seguitore di piste, che scomparisse dalla loro vista prima che le guardie potessero solo avvicinarsi. Ma lui restò lì. La sua espressione, tuttavia, parlava chiaro: era indeciso.

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