Capitolo 13 - Seconda Parte

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Entrambi cercarono di comportarsi in modo naturale, ma la condizione in cui versavano i loro abiti non avrebbe ingannato un cieco. Aran ravviò i capelli unti. «Possiamo affrontarli.»

Cora spalancò gli occhi. «Cosa? Ci uccideranno!»

«Pensaci, non possono usare le loro armi.»

«Sei impazzito, Aran?»

«E l'unico modo per scoprire cosa sanno.» Indicò due pezzi di legno, resti di una cassa distrutta. «Gli tenderemo una trappola e poi ci penserà Camiel.»

Cora aveva entrambe le mani a scivolare sul volto. «Hai detto che dobbiamo uscirne vivi! E adesso vuoi provare a stenderli?» Lo spinse con forza. «Le ragazze, Aran! Le ragazze!»

Aran sembrò rinsavire. Annuì, ma lo sguardo era perso nel vuoto. «Marmorel, giusto» sussurrò infine.

Ritornarono alla piazza del palazzo e imboccarono nuovamente il vicolo stretto percorso quella stessa mattina.

Aran si bloccò sul posto e Cora lo scansò di un soffio. Stava per chiedergli spiegazioni, quando lo vide anche lui: il terzo kharzaniano li aspettava, seduto su un barile e con le mani giunte. «Salve» fece questi.

Uno sguardo, e i ragazzi scattarono verso la strada da cui erano arrivati.

La fuga, però, venne chiusa dalle sagome degli sgherri che credevano di aver seminato. Uno di loro trattenne Cora per la spalla. Aran si fermò, scattò verso il soldato e lo spintonò. «Ehi, lascialo stare!» urlò. Ma l'altro uomo bloccò anche lui.

Cora cercò di divincolarsi inutilmente, «Chi siete? Cosa volete da noi?»

L'uomo che era seduto sui barili si avvicinò a loro. Era pallido e ben curato, con una strana giacca color prugna su cui brillava lo stemma kharzaniano e il grado militare; le scarpe fresche di negozio.

«Mhmm... cosa abbiamo qui?» esordì il soldato. «Sapete» disse soddisfatto, «mi avete fatto penare, davvero. Non pensavo di essere così fortunato da trovarvi ad Amanastre.» Parlò lento.

Cora raggelò. Sentì le budella contorcersi e l'istinto che premeva per scappare, ma la presa di chi lo bloccava sembrava fatta di ferro.

«Bene, andiamo alle presentazioni,» continuò il kharzaniano. «Sono il Capitano Nelson Vega, Sezione Speciale Recupero Seorite... chi di voi è Aran Allet?» disse e si accese una sigaretta.

«Avete sbagliato persona» urlò Aran, ma Vega gli rispose con un ghigno malefico. Un'espressione talmente artefatta da far venire la nausea.

«Oh, no, non credo... e se dovessi scommettere, a una prima occhiata direi che sei il figlio di Ludvig Allet. Non ti manca proprio niente di tuo padre; magari la barba e qualche ciuffo bianco qua e là. Lui, invece, è l'orfano.» Schioccò le labbra. «Ho indovinato?»

Aran si dimenò e scalciò, ma la sua rabbia colpì solo l'aria.

«All'inizio della ricerca... e intendo dopo le sfortunate vicissitudini che hanno colpito Lud, pensavamo che foste in giro per quella regione. Ma con molta sorpresa abbiamo scoperto che siete persino stati a Edel. Molto astuti» aggiunse. Inspirò una boccata e sbuffò un paio di anelli di fumo.

«Avete distrutto la nostra città» abbaiò Cora.

«Non ho molto tempo da perdere... basta solo che mi diciate dove si trova il carico...» Nelson Vega socchiuse gli occhi. «Lo state piazzando ad Amanastre? Volete farlo partire per Hozma? Siate sinceri e prometto che vi tratterò bene.»

«Cosa avete fatto ai miei genitori?» Aran si dimenò con così tanta forza che quasi sembrò riuscisse a liberarsi. Il soldato che lo teneva lo scrollò e lo mise fuori gioco con un pugno alla nuca.

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