Capitolo 21 - Prima Parte

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Dalla luce, presero forma le gemelle a guardia dell'entrata di Laeth. Aran scattò in avanti e spinse Elidana dietro di sé. «Cosa volete?» urlò.

Cora alzò la mano e scosse il capo. «Calmati, non ci faranno del male.»

«Sei qui a mantenere la parola data?» domandò Miria.

Aran si voltò verso l'amico. Di che stavano parlando?

Cora fece un lieve cenno del capo: «Sì, se questo può dare una spiegazione a tutto.»

I contorni della porta alla fine del corridoio trattenevano a fatica una fulgida fiamma rossa. Un simbolo avvampò nella pietra. «Uno strumento che apre» disse il ragazzo.

«Riesci a leggerlo, Viaggiatore?» gli chiese Elena.

Lui scosse la testa. «No, ma il sommo Fosifo l'ha tradotto per me.»

Miria guardò la sorella. «Allora possiamo procedere.»

Cora avanzò di un passo. «Sono pronto.»

«La tua voce è incerta, Viaggiatore» aggiunse Elena, «ed è nell'incertezza che si annida il rimorso.»

«Cosa devo fare?» domandò lui asciutto.

Le gemelle si rivolsero alla porta. «Noi non possiamo spezzare ciò che l'Araldo del Sole ha messo a protezione» disse Miria.

Cora proseguì fino a oltrepassarle. «Chi è l'uomo in fiamme?» chiese.

«Tre furono i figli che Seorus ha generato al tempo del mito. Tre figli con egual potere, ma con diverse ambizioni. Le parole di Dormin ci obbligano a non ostacolare il volere dei suoi fratelli. Ma nemmeno nella sua infinita saggezza avrebbe immaginato un tale affronto» disse Elena. «Tu dovrai adempiere alla promessa, poiché tu sei l'unico che può.»

Cora arrivò alla porta. Aran ed Elidana avanzarono dietro di lui, ma le gemelle si pararono davanti a loro. Una barriera di luce blu si alzò per separarli. «Lasciate che segua il suo destino.» Il tono solenne. «Lasciate che l'inganno di Laeth diventi solo un ricordo.»

Aran urlò e altrettanto fece Elidana. Cora non sembrò sentirli. Passò il dito sul simbolo in Lingua Perduta.

Il glifo venne assorbito dalla roccia. La porta si scompose in numerosi cubi regolari e crollò al suolo. Il cuore di Aran martellava in petto.

Il corridoio si illuminò di rosso. Una fiamma che non bruciava.

Le custodi della città si rivolsero a Cora con aria soddisfatta. «È giunto al termine il fastidio che ci ha accompagnato nei secoli» fece Miria.

«Un richiamo che desterà il nostro sovrano, sorella» ribatté Elena.

Si sgretolarono in polvere luminescente e ritornarono alle pietre assieme alla barriera. Aran ed Elidana corsero verso Cora, ma restarono pietrificati sull'uscio. «Che cos-» sbottò il giovane Allet.

Era un'unica grande sala circolare. Le pareti, il pavimento e il tetto si perdevano in altezza; fantasie geometriche guidavano l'occhio al centro della stanza.

Solitario e regale, uno scettro nero reggeva la Seorite cremisi che illuminava l'intero ambiente. «E quello cos'è?» chiese Aran, sbalordito. Era retto da un'unica grande radice che usciva dai muri e diveniva sempre più piccola fino ad assomigliare alle dita di una mano, la base dello scettro quasi a toccare terra.

Cora continuava ad avanzare, le mani tese verso l'oggetto. La pietra pulsava come se fosse viva; rossa di sangue, lucente come una fiamma. Fece un altro passo attraverso la trama sul pavimento.

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