Capitolo 19 - Prima Parte

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Xanter percorse il lungo corridoio verso la mensa, quasi trascinando i piedi; si sentiva un colabrodo. Un'altra macchia di sangue sulla divisa, ormai le bende non bastavano più. In quelle condizioni non era certo il caso di incontrare un ufficiale superiore. E poi aveva fame, una voragine allo stomaco maturata dopo quattro ore di esami, prove sotto sforzo e quei buchi appena fatti sul corpo, voleva solo affondare i denti in un delizioso panino.

Aspettò il passaggio di un piccolo gruppo di addetti in camice bianco, e proseguì. Con tutti quei soldati, scienziati e ingegneri, il distaccamento estero numero otto era una caserma affollata, centinaia di soggetti che ogni giorno trafficavano in quella gigantesca buca artificiale. Come quel posto fosse stato mantenuto segreto, per Xanter era ancora un mistero.

Entrò nell'area ristoro e un forte odore di brodo lo investì. Si avvicinò alla vetrina della mensa alla ricerca di qualcosa di interessante. L'ultima volta, la carne aveva lo stesso gusto di un foglio di cartone, puzzava di stivali usati ed era sicuro che con le patate lì davanti avrebbe potuto tenere su le fondamenta di una casa. Visto l'orario non c'era ancora nessuno oltre al cuoco. Xanter si guardò intorno. «Si potrebbe avere un panino?» chiese.

«Non si nega mai un pasto al campione di Edel!» esclamò l'uomo mentre riponeva il vassoio di frutta nell'incavo dedicato. Asciugò le mani sul grembiule bianco, aprì una scatola di tonno e la schiacciò sopra una dura lastra di pane. «Tenente, desidera altro?»

Xanter scosse il capo. Afferrò il panino e andò a sedersi a un tavolo. Dopo un primo morso poco felice, iniziò a ingurgitare boccone dopo boccone. In fondo, non era poi così male. Con tutte le razioni militari che aveva divorato durante la sua carriera, ormai per il palato era più facile adattarsi. Udì dei passi dietro di lui.

«Oh, Tenente, ecco dov'era!» esordì una voce nasale.

Xanter si voltò e fissò con odio la figura esile, il camice troppo largo e le folte basette rossastre passate di moda da una decina di anni. L'andatura in particolare lo irritava. Era simile a quella di una mantide, ma le braccia erano più piccole in proporzione al resto del corpo e oscillavano a ogni passo. Proteso in avanti con una gobba accennata sulla schiena. Se stava dritto, il Dottore era alto, molto più alto di lui, e questo lo infastidiva.

«Non posso nemmeno mangiare in pace?» sbottò Xanter. Lasciò cadere sul piatto i resti del panino.

«Certamente, Tenente. Deve rifocillarsi per bene» disse in fretta l'uomo, e prese posto dall'altra parte del tavolo. Xanter puntò con lo sguardo la targhetta con il nome che aveva sul camice. Soltanto leggerlo gli faceva sudare le mani. Il Dottor Lorent Grets era la causa delle sue ferite. Uno scienziato che da civile aveva studiato i collegamenti bio-meccanici dei sistemi Cec e ne aveva ammodernato l'attuale gestione energetica; un luminare nel suo campo. Un luminare di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Ma cominciava a capire il perché della sua presenza in quella caserma. A detta di Zakin, Grets aveva vinto in due occasioni il Premio Croden assegnato dall'Istituto di Ricerca e Sviluppo. Un giorno, mentre lavorava a un progetto che avrebbe dato ulteriore slancio alla sua carriera accademica, gli arrivarono tra capo e collo l'esercito e il Generale Melca. Gli consigliarono di firmare senza troppi fronzoli la lettera di arruolamento e dopo qualche mese venne trasferito al distaccamento estero numero otto, con tanto di gradi da ufficiale. Per la comunità scientifica civile divenne poco più che un ricordo e tutte le sue conoscenze, adesso, erano spese per la causa militare di Kharzan.

«E allora? Cosa è venuto a fare da queste parti?» bofonchiò Xanter.

«Niente, niente, volevo solo vedere se i ricettori che le abbiamo impiantato le stanno dando fastidio» rispose il Dottor Grets d'un fiato.

«Sì, un po'. Le ferite non si sono ancora rimarginate.»

Grets afferrò il braccio di Xanter come se fosse un oggetto. Lo studiò e aggrottò la fronte. «Appena può, venga nel mio laboratorio che vedrò di farla medicare.» Prese una pausa e fece una smorfia felice. «Ho appena ricevuto i risultati dei suoi esami.»

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