Capitolo 5 - Terza Parte

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«Avanti» disse l'addetto in divisa. Era il turno di Cora. L'uomo digitò alcuni tasti sul terminale e da una fessura davanti fuoriuscì un modulo stampato. Elidana aggrottò la fronte. «Compilalo per bene e inoltralo alla cancelleria dell'Accademia» spiegò il militare, e tornò alla fila. «Avanti un altro.»

Cora diede una rapida occhiata al foglio e lo rispedì indietro sulla superficie liscia del bancone. «Non voglio arruolarmi» disse.

Il soldato alzò lo sguardo e lo fece scorrere per la figura del ragazzo. «Non sei di queste parti.»

Cora fece di no. «Ho bisogno di risalire a un vostro soldato.»

Il militare strinse le labbra e allargò le braccia. Fissò Cora e si voltò verso il collega accanto. «C'è il Sergente Ferris?»

«Sì, ma ci penso io, falli togliere dalla fila» rispose questi.

Il militare gli fece cenno di spostarsi di lato per far avanzare la coda dietro di loro.

I due si avvicinarono agli schermi ai lati.

Attendevano già da più di un'ora, quando Elidana richiamò l'attenzione di Cora e indicò una parete. «Guarda.»

Incassata nel muro, una lastra di marmo riportava alcuni nomi scolpiti.

Orghein dalle forti spade

Kaaras delle prime sabbie

Tondor legno della costa

Azul signore di steppe e colline

Roha dei lupi montani

Biron colmo di neve

Vuluran il navigatore

Boros dalla grande fiamma

Nitwi dei corti fiumi

Forgas il piccolo

Ebedin delle nuvole libere

Aion l'indeciso

A loro la nostra riconoscenza, a loro la nostra unione.

«Sono i capi delle tribù fondatrici della nazione kharzaniana» disse un militare mingherlino. «Scusate l'attesa, ma nei giorni precedenti al Gran Premio abbiamo sempre un aumento dei volontari» esordì l'uomo in divisa. Con un unico movimento della mano, sistemò il riporto dei capelli. «Siete i due che hanno bisogno di informazioni?»

Cora annuì in silenzio.

«Sono il Sergente Ferris, seguitemi.» Si voltò verso la porta di un ufficio.

Mentre seguiva quell'uomo, una vaga speranza si fece strada nel petto di Cora. Forse finalmente avrebbe saputo la verità. Entrarono in una piccola stanza con una sola scrivania al centro e alcune sedie. La luce bianca che scendeva dal soffitto era accecante e si rifletteva sulle superfici lucide.

«Accomodatevi» disse l'uomo con un lieve sorriso. Il Sergente incrociò le mani e li fissò. «La nostra politica è quella di non divulgare informazioni riguardo agli uomini che prestano servizio.» La voce calma.

Cora prese la targhetta e la mise sul tavolo. «Ma quest'uomo potrebbe essere mio padre!»

Elidana allungò la mano e l'appoggiò sul braccio di Cora, il suo tocco gentile lo calmò.

«Capisco» rispose il militare. Osservò la targhetta e tamburellò con le dita sul tavolo. Si fecero strada alcune linee luminescenti viola che formarono una tastiera e un piccolo schermo. Inserì il numero di serie e il nome. Apparve una fila di cartelle che Cora si sforzò di leggere al contrario.

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