Capitolo 10

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Camiel approfittò del riposo dei ragazzi per mettersi comodo: quei giorni intensi avevano avuto la meglio sulla sua tempra. Le ferite della battaglia con il Tenente Iznar Tun avevano inzuppato la benda, così disfò la vecchia medicazione e ne fece una nuova.

Legò la benda pulita, ne saggiò la validità, e si appoggiò con la schiena all'albero. Gli occhi stanchi andarono alla pietra verde sulla spada, nascosta tra i rametti metallici. «Non va bene» le sussurrò.

La Seorite carica avrebbe dovuto essere l'ideale per sostituire il nucleo dell'arma. Le Voci dell'Anima ancora immature erano più semplici da addomesticare e di solito riusciva a dominarne il potere in poche ore.

Quella pietra, tuttavia, aveva subito la violenza dei sistemi di estrazione kharzaniana, obbligata a prestare la sua energia a qualcuno che non le portava il dovuto rispetto.

Ma non aveva altra Seorite a disposizione, e non era nemmeno il momento di preoccuparsi. Si alzò, era ora di cercare un buon percorso per il giorno successivo. Oltretutto, con i ragazzi a cui fare da balia, avrebbe dovuto anche controllare che non ci fossero pericoli imminenti. Scoprì una coppia di lupi vicino a una grotta, ma era troppo distante dall'accampamento improvvisato per preoccuparsi.

Quelle ore, per lui, furono l'unico vero momento di riposo degli ultimi giorni. Non aveva messo nulla tra i denti da Lud e il pasto appena concluso era poca cosa per rinvigorire davvero il suo spirito. Non c'era molto che potesse fare per porvi rimedio, quindi si limitò a riflettere, ricordare e pianificare. Il monito dato dalla figura oscura dagli occhi bianchi e l'incontro con i ragazzi non sembravano una coincidenza. Però ancora non capiva come Aran Allet, suo padre, e il carico di pietre potessero incastrarsi con l'irruenza dell'attacco dei kharzaniani. E la storia della Seorite rigenerata al Grande Jalme non reggeva, era quasi impossibile.

Oltretutto, Edel non si era mai comportata in un modo così brutale e frenetico: la Repubblica di Lamia era una nazione alleata e non un accampamento ribelle sperduto nel deserto della Zalesia.

Al ritorno dalla ronda, si sedette ai piedi dell'albero dei ragazzi e chiuse gli occhi. Riuscì a distinguere il rumore della foresta, il fruscio delle foglie e il movimento dei piccoli animali. Lasciò che il senso di pace lo avvolgesse come una madre con un figlio, e si concentrò sui problemi più immediati.

Tuttavia, mentre pensava a come dissuadere i nuovi compagni dal ritornare a Lud, gli mancò il respiro: sentì i muscoli tesi e una possente cascata imperversò su di lui. Una forza che gli impedì qualsiasi movimento.

«Ma cos-» Non era acqua, non era nulla di tangibile. Se non avesse opposto una strenua resistenza, sarebbe crollato al suolo.

Camiel riuscì a percepirne l'intensità, ma non a distinguerne l'essenza.

Rimase bloccato per pochi, interminabili istanti e, non appena fu libero, scattò come una molla lontano dall'albero. Riprese fiato e si voltò per controllare le condizioni dei suoi protetti.

Nulla.

Erano lì: ognuno al proprio posto tra i rami. Dormivano tranquilli come se l'asfissia fosse stata solo frutto della sua immaginazione. Ma era certo di cosa aveva provato, non se lo poteva essere immaginato. Portò la spada davanti a sé. Qualunque cosa l'avesse attaccato, l'avrebbe trovato pronto. Ma la sua attenzione andò all'elsa.

«È carica?» disse ad alta voce. La pietra verde era al suo massimo splendore, liscia e lucente come appena estratta dalla roccia, il nucleo era saturo, e adesso si muoveva, denso e pastoso.

Cos'era accaduto? Tastò più volte la superficie del cristallo: sembrava tutto normale. Richiamò la Voce dell'Anima e l'anello gli rispose con un flusso di luce arancione che si collegò all'istante con la Seorite verde.

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