Capitolo 19 - Prima Parte

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«Grazie» disse lui. Prese una delle felpe dell'esercito e si rivestì con calma; gli addominali ben in vista.

La donna rise di gusto. «L'armatura è già stata assemblata» disse infine.

«Posso vederla?»

«Non siamo autorizzati a visionarla. Almeno fino a domattina.» Lei gettò nella pattumiera le bende sporche e si sedette al terminale. «Si prenda un giorno libero» aggiunse. Schiacciò dei tasti, fissò lo schermo per qualche istante, e si voltò di nuovo verso Xanter. «Prima di andare via... si ricordi di non fare movimenti bruschi o le ferite continueranno a riaprirsi.»

«Beh...» rispose il soldato. «Se ci sarà sempre lei a medicarle, perché no?»

«Arrivederci, Tenente.»

Xanter si congedò con un sorrisetto, uscì in corridoio e si avviò. Anche se la Dottoressa Milla meritava davvero le sue attenzioni, in quel momento avrebbe messo più volentieri le mani sulla nuova armatura. Raggiunse la sua stanza, chiuse la porta dietro di sé e fece un sospiro profondo. Prese in mano la foto che teneva accanto al letto. Suo padre e il Generale Zakin gli sorridevano circondati dagli altri compagni.

Scivolò sulle sottili coperte con le mani dietro la testa e rimase a osservare il soffitto. Cercò di dormire, di riposare, ma proprio non gli riusciva di prendere sonno. Non era abituato ai ritmi di vita così lenti e alla solitudine. A Edel, anche prima del Gran Premio, aveva vissuto giorni più frenetici. Festeggiava a notti alterne e aveva sempre qualcuno con cui finire una bottiglia di vino. Al distaccamento estero numero otto, invece, si sentiva poco meno che un galeotto. Nessuna festa, nessuna folla che lo acclamava. Era un luogo freddo e opprimente.

Squillò il telefono e Xanter scattò a sedere.

«Tenente Roha» disse la voce acuta di una donna, «qui è la segreteria dell'Alto Comando di Edel, parola del giorno "ghiacciaio".»

Xanter s'incuriosì. «Parola del giorno corretta.»

«Tenente, le passo il Generale dei Distaccamenti Esteri, su una linea protetta.»

L'espressione di Xanter si trasformò in un sorriso.

«Il mio campione! Come va da quelle parti. Che ne pensi del deserto?» esordì Janus Zakin con timbro graffiante.

«Generale, quale piacere. Abbiamo finito la fase di preparazione e da quanto ho capito domani inizieremo a provare l'armatura» rispose.

«Ci siamo solo noi su questa linea, Xanter! Rilassati! Volevo soltanto sapere come te la passi» borbottò il Generale.

«Noia... una noia atroce» rispose Xanter. «Ho passato l'ultima settimana su un tavolo da laboratorio a farmi torturare da quel Grets. Inizio a pensare che ci provi gusto» sbuffò e il vecchio ufficiale scoppiò in una risata.

«Domani è il grande giorno, allora» Zakin prese una pausa e soffiò. «In questo momento mi trovo a Edel, ma penso che verrò a visionare i tuoi progressi a breve.» Zakin soffiò ancora una volta sulla cornetta. Stava fumando i suoi sigari, Xanter ne era sicuro.

«Sarà un onore mostrarti l'armatura» disse tutto fiero.

Zakin fece una breve pausa. «Ti farà piacere sapere che ho persino delle novità sul Gran Premio..»

Xanter deglutì. «Cosa avete scoperto?» Socchiuse gli occhi e trattenne il respiro, non voleva perdere una sola parola. Aveva già dimenticato le accuse del Direttore di Ricerca e Sviluppo.

«I dati di Laur erano falsati: l'imbecille che aveva il compito di effettuare la rilevazione aveva sbagliato a misurare la Seorite a fine gara. Un successivo controllo da parte dei nostri ha chiarito la tua posizione.»

Xanter sospirò sollevato, sarebbe stato un incubo subire la pressione della stampa se avessero deciso che la corsa era stata truccata.

«Ehi, ho un'altra novità» proseguì Zakin allegro. «Forse sono riuscito a convincere il Primo Ministro. Se tutto va per il verso giusto, il governo approverà il progetto di volo a bassa quota e con la scusa dei trasporti civili riusciremo finalmente a sviluppare quelle maledette tecnologie.»

«Ma non avevate accantonato quell'idea? Non consumavano troppa Seorite?»

Zakin ridacchiò di nuovo. «Una volta, Xanter! Una volta! Qualche anno fa ci volevano dieci, venti pietre grandi quanto un pugno per alzare da terra anche solo una sedia, ma adesso con la parità energetica alle porte non esistono più limiti.»

Xanter si distese sul letto e inserì il vivavoce. «A proposito, hai visto Anya? Mia madre?» chiese tra mille pensieri.

«Ho incontrato quella peste di tua sorella per un caffé. Le ho tirato le orecchie e l'ho rispedita all'Accademia delle Scienze» raccontò. «Sai che mi ha detto? Che voleva arruolarsi! Avresti dovuto vedere come mi ha tenuto testa.» Xanter sorrise di gusto e perse un istante a immaginare sua sorella rispondere a tono. Zakin masticò qualcosa e parlò con la bocca piena. «Le ho spiegato che l'esercito non fa per lei e si è arrabbiata. Mi ha detto che è una Roha e che la sua famiglia ha una storia alle spalle!»

«Eh eh, immagino. Come l'hai convinta?»

«Le ho spiegato che se si fosse arruolata l'avrei mandata nelle terre di Ragnvar a fare da piantone ventitré ore al giorno a un blocco di ghiaccio. La discussione si è raffreddata all'istante.»

Entrambi risero e Zakin finì con due colpi di tosse. «Va bene... va bene. Mi ha fatto piacere sentirti, ma ho molti impegni quest'oggi e devo chiudere. Ti auguro buona fortuna.»

«Grazie del pensiero.» La conversazione s'interruppe.

Xanter rimase ancora un attimo a fissare il soffitto, a ripensare alle parole di Zakin e a sua sorella. Conoscendola, non avrebbe rinunciato per una minaccia così ridicola; rischiava di trovarsela in giro per le caserme. Non era il momento di starsene tranquillo. Trascinò i piedi fino alla scrivania e riprese gli appunti di Grets. Teorie che aveva già affrontato durante l'addestramento militare, ma un ripasso non gli avrebbe fatto male, soprattutto ora che c'era la nuova armatura in arrivo. Lesse, studiò, ripassò fino all'ora di cena. Lasciò gli appunti sopra il letto, ma continuò a pensarci davanti al piatto di minestra. Avrebbe terminato una volta tornato in stanza, ma il peso della giornata cominciava a farsi sentire. Si infilò sotto le coperte, spense la luce e, finalmente, riuscì a riposare.

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