Capitolo 15 - Terza Parte

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«Era la casa di Hyon! Cora!» gridò Elidana. Scattarono in direzione della luce, come forsennati.

Quando arrivarono a casa del maestro, la parte superiore dell'abitazione era stata scoperchiata e le pareti solcate da grosse crepe. Camiel si fiondò oltre la staccionata, Aran e Fez gli corsero dietro.

La colonna di luce scomparve non appena misero piede nel giardino, risucchiata nel nulla. Spalancarono ciò che restava della porta d'ingresso: Hyon era seduto a terra in fondo alla stanza, il bastone tra le mani. Cora giaceva sul tavolo, svenuto, a torso nudo, cosparso da una lieve luminescenza.

«Cosa gli hai fatto, maledetto folle!» gridò Aran.

Si avventò sul maestro, ma Camiel lo trattenne per il braccio e lo scaraventò addosso a Fez ed Elidana. «TUTTI FUORI!» urlò. Coprì il corpo di Cora con un telo, ma il giovane Allet riuscì a scorgere la schiena dell'amico.

«Cosa sono quei segni?» sbraitò.

«Se prima era un'idea, adesso è un imperativo, Camiel. Dobbiamo portarlo nel Dremis, ORA! Potrebbe esplodere nuovamente da un momento all'altro» urlò Hyon. «Il ragazzo è in pericolo, questa volta è sopravvissuto a malapena. Il suo fisico non ne reggerebbe una seconda, non adesso. E se dovessere ancora aumentare di potenza, di Amanastre e di noi rimarrebbe solo la polvere.»

Camiel puntò i soldati hozmani e indicò Fez e Marmorel. «Portateli sulla nave. Vi raggiungeremo il prima possibile. Iniziate le procedure per la partenza.»

I guerrieri di Meliro annuirono con il dubbio in volto. Uno di loro prese Marmorel in braccio, ma lei si dimenò, rispose con uno schiaffo e lo graffiò sul collo. Fez, invece, corse insieme all'altro hozmano.

Camiel ritornò su Hyon e lo aiutò a rialzarsi. «Abbiamo poco tempo, maestro. Le guardie di Amanastre saranno qui a breve» disse.

Elidana e Aran, vicini al corpo di Cora, osservarono con stupore lo stemma dell'Impero hozmano ancora incandescente.

Hyon illuminò la pietra sul bastone, il suo volto era quello di un invasato, ma non c'era paura nei suoi occhi. «Guarda, Camiel.»

Alla luce della Seorite, i muri della stanza mostrarono scritte luminescenti e che ricoprivano l'intera parete.

«Ma cosa?» mormorò Aran.

«È stato lei?» domandò Camiel.

«No, io ho solo forzato la mano sul ragazzo» rispose Hyon meravigliato. «È tutta opera di Cora... conosce la Lingua Perduta.»

Camiel perse qualche istante a guardarsi attorno. Aggrottò la fronte e si voltò verso l'uscita. «Potrà spiegarmi meglio dopo.»

«Sì, lo penso anch'io» rispose il maestro.

Camiel afferrò Cora e lo avvolse meglio nel telo.

Elidana ancora inebetita al suo fianco. «Perché quella luce?» domandò con il viso contorto.

«Non adesso!»

Elidana si chinò, prese qualcosa di metallico dal suolo e lo mise in tasca.

Corsero per le vie della città. Hyon davanti a fare strada. Si udì il frastuono delle guardie che marciavano verso la via principale, passi pesanti che portavano con loro una sfilza di domande a cui né Hyon né Camiel avevano intenzione di dare risposta. All'ingresso della città, i numerosi soldati cercavano di gestire i soccorsi per il terremoto.

Hyon fece avanzare i ragazzi senza fermarsi, una delle guardie alzò la testa. «Mastro Hyon?»

Lui non si voltò neppure, ma urlò in modo che lo sentissero. «Non ho tempo, giovanotto, sono in missione! Sì... sono in missione per conto del Duca. Chiedi al comandante Yazzan quando lo incontri.» La guardia rimase a fissarlo, mentre il vecchio trottava sul sentiero sterrato.

Percorsero la piazzola di Rocciaria e Camiel ne approfittò per affiancare Hyon. «Come ha fatto ha generare tutta quell'energia?»

Il maestro aprì e chiuse più volte la bocca senza parlare, sembrava volesse scegliere per bene le parole. «Ho disegnato dei simboli in Lingua Perduta. Volevo capire se fosse consapevole di ciò che avevo scritto» disse col fiatone. «Cora ha tradotto parola per parola... stupefacente... un'esperienza che difficilmente avrei creduto veritiera» fece un saltello per evitare un masso, «se non l'avessi vissuta io stesso. Ho impugnato il bastone sacerdotale... per capire se conoscesse il modo per utilizzarlo, come facciamo noi del Dremis. Era solo un tentativo.»

«Come ha reagito?»

«Niente, non sapeva nemmeno da dove iniziare... ho avuto un brivido quando ho supposto che potesse estrapolare l'energia dalla Seorite, ma mio malgrado non c'è riuscito,» Hyon rallentò. Aran ascoltava con attenzione. «Allora ho provato di tutto, gli ho mostrato come si controlla l'energia dalle pietre, l'ho invitato a scrivere nella Lingua Perduta... ma è quando ho attivato alcuni sistemi Cec che avevo per casa che è impazzito.» Hyon scosse il capo. «All'inizio era come se gli dessero fastidio, ma poi ha preso a gridare dal dolore.»

«È stato lei!» sbottò Aran.

«Perché?» aggiunse Elidana.

«Fate silenzio, voi due!» tuonò Camiel.

«Qualunque cosa abbia risposto a quella minaccia, di certo non era Cora» riprese il maestro. «I suoi occhi erano rossi come due cristalli di Seorite; incandescenti come torce accese. L'ambiente si è surriscaldato rapidamente e la camicia che indossava si è bruciata come se fosse un ceppo acceso. Sulla schiena il disegno ha preso vita; si è ricoperto di fiamme. Ho pensato che sarebbe arso vivo, ma era come se quel calore non lo minacciasse neppure!»

Il guerriero guardò di sfuggita i due giovani e loro ricambiarono. Ritornò a seguire la strada. Davanti a loro, Marmorel e Fez con la scorta hozmana. «E poi?» chiese nuovamente al maestro.

Hyon fece cenno di fermarsi qualche istante. Riprese fiato e portò una mano alla schiena. «E poi... è salito sul tavolo e ha iniziato a lanciare raggi di luce sulle pareti, stavolta non c'era Seorite, l'energia proveniva direttamente da lui, almeno di questo sono stramaledettamente sicuro. Camiel, avresti dovuto sentire la melodia che si è manifestata, la musica più bella mai ascoltata. Era la luce a parlare. Fuoriusciva dal suo corpo a ogni movimento, a ogni respiro. Un'intera composizione di note, infinitamente più complessa dei suoni delle pietre. L'armonia ti penetrava nell'anima e rasserenava i sensi: un'eufonia.»

«Cosa c'era scritto sulle pareti?»

«Alcuni simboli erano semplici, ma il resto era talmente articolato che non ho avuto modo di decifrarlo.» Ripresero a camminare a passo spedito. «Ciò non fa altro che confermare il mio bisogno di parlare con i Saggi di Laeth. Il ragazzo porta con sé un potere che va ben oltre la mia conoscenza.»

Il gruppo arrivò ai piedi della montagna e imboccò la strada per il porto. Lì, una miriade di persone invadeva le vie che si aprivano e ospitavano bancarelle piene di pesce, vivande e tessuti: tutti a riprendersi dalle tribolazioni del terremoto.

«Signore, la nave è da quella parte.» L'hozmano indicò un galeone su cui sventolavano il Sole di Aletar e l'Alba di Meliro.

«Ci hanno preceduto» urlò Aran. Indicò a Camiel due navi kharzaniane appena staccate dal porto. Sul ponte di una di esse c'era Nelson Vega, le mani ai fianchi come se stesse solo aspettando di godersi la vittoria.

«Siamo veloci, signore, ma non abbastanza da seminare due punte kharzaniane in assetto da battaglia» disse l'uomo di Meliro con enfasi. «Dovremo affrontarli.»

Camiel fece una smorfia e si voltò verso Hyon.

«È l'unica possibilità» gli disse il maestro.

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