Capitolo 4 - Seconda Parte

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«Ludvig, che significa?» domandò la donna con voce ancor più preoccupata.

«Non saprei, saranno esperti contrabbandieri o qualche milizia armata capace di attraversare la foresta senza problemi. Penso che i kharzaniani lo abbiano intuito, ma stranamente non riescono a venirne a capo.»

«Devi informare il consiglio cittadino. Il prima possibile.» Si affrettò lei.

«Ho già parlato con Bernold e Carl in questi giorni. Come se non avessimo altri problemi.»

La donna increspò la fronte. «Povero albero. Hai avuto notizie riguardo al suo stato?»

«Purtroppo nessuno dei nostri ha capito molto. Non possiamo formulare nemmeno una teoria. Abbiamo mandato delle lettere a Clodia per farci inviare dei botanici.» Ludvig Allet batté il pugno sul tavolo. «Questa storia della Seorite è diventata la nostra priorità. Non posso dedicarmi al Grande Jalme.»

«Diventi irascibile ogni volta che si parla dei kharzaniani, stai esagerando.»

Ludvig si alzò e lasciò il tovagliolo sul piatto con i resti della cena. «Se ci sono di mezzo gli hozmani, e il governo di Edel ci ritiene complici, la situazione può degenerare. Carlton e i suoi uomini stanno cercando in ogni luogo senza destare sospetti. Voglio conoscere la verità e decidere di conseguenza.» Si avvicinò pensieroso alla finestra e Camiel udì i suoi passi a ridosso della tenda. «Uhm... se dovessero controllare il nostro scantinato passeremmo un brutto quarto d'ora.»

La moglie portò entrambe le mani al petto. «Caro, non potresti sbarazzarti di qualche oggetto? Almeno quelli hozmani. So che sono preziosi, ma...»

Ludvig fece di no con il capo. «In questo momento daremmo nell'occhio, preferisco mantenere il segreto.»

Tra i sospiri, lei terminò la cena. Visibilmente affranta gli si avvicinò e gli accarezzò la schiena. «Io vado di sopra. Vieni a letto e pensiamoci domani mattina.» Uscì dalla stanza con calma, soffici passi che si persero lentamente.

Lui chinò il capo e Camiel sentì che gli era ancora vicino.

Ludvig Allet si schiarì la voce con un colpo di tosse. «Chiunque tu sia, vieni fuori, per piacere.»

Per Camiel, le speranze di una tranquilla perlustrazione della villa s'infransero all'istante. «Beccato» sussurrò in tono sconfitto.

«Un hozmano... non che gli abiti da contadino possano aiutarti a passare inosservato...» disse Ludvig, restando rigido sul posto. Non sembrava né spaventato né stupito, ma la mano reggeva una pistola in ottone dotata di un rudimentale sistema Cec. Gliela puntò al petto. Sul dito che serrava il grilletto portava un anello d'oro con una grossa "A" incisa.

Camiel si accigliò e alzò le mani. «Come ha fatto a scoprirmi?»

«Sapevo che eri qui da quando ho messo piede nella stanza» rispose Ludvig Allet con una nota di orgoglio nella voce. Allargò il colletto della camicia e rivelò un medaglione. Camiel lo riconobbe al volo: la cesellatura e la piccola scheggia di Seorite. L'alba di Meliro. Era il monile dei giovani allievi di uno dei quattro casati della sua terra. Alzò appena la mano. Voleva toccarlo e assicurarsi che fosse vero. La canna della pistola era ancora su di lui. «È in grado di utilizzarlo?»

«Un piccolo regalo dell'Impero di Hozma.» Tastò la superficie della pietra. «Una volta imparate le basi dai maestri della Voce dell'Anima, ho avuto molti anni per perfezionare questo tipo di trucco.» Ludvig tenne il bastone davanti a sé, sollevato da terra.

Camiel non ci aveva pensato, era stato troppo preso a ragionare sui soldati kharzaniani o sul carico di Seorite. Eppure aveva senso: Ludvig Allet aveva varcato più volte i confini di Hozma, e i tipi come lui non restavano indifferenti alle capacità del suo popolo.

Crystallum Sogni PerdutiWhere stories live. Discover now