«Ti ho mandato cinque messaggi.» brontolò, incrociando a sua volta le braccia al petto.

«Non importa.» liquidai il discorso, ignorando volutamente il suo commento. «Saresti potuto andare da Calum e Ashton, comunque.»

Lui soppesò la mia risposta, ma poi scosse la testa e mise su un finto broncio. «Calum russa.»

«Beh anche tu, se è per questo.» replicai, allontanandomi in direzione del letto e stupendomi ancora una volta per quanto fosse morbida la moquette della stanza a contatto con i miei piedi nudi.

«Ehi, questo non è affatto...» esordì, puntandomi contro l'indice; ma poi si interruppe ed aggrottò le sopracciglia. «Aspetta, tu come fai a saperlo?»

Mi pentii subito di quella constatazione e mi irrigidii per un secondo, poi sospirai profondamente e tornai a voltarmi verso di lui. «Non... Non chiedermelo.» scandii, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.

Come facevo a saperlo? Beh, perché tecnicamente io e lui avevamo dormito insieme una volta. Luke non ricordava quasi nulla di quella notte e, visto quanto era ubriaco, non c'era da stupirsene, ma io ricordavo ogni singolo istante. Compreso quando lui si era addormentato subito dopo che ero stata a letto con lui e compresa la fatica che avevo fatto io perché non aveva smesso nemmeno per un attimo di russare.

«Quella è la mia felpa?» domandò lui, strappandomi a quei ricordi che ancora mi mettevano in imbarazzo. Io abbassai gli occhi sull'indumento, ne strinsi un lembo tra due dita e mi limitai ad annuire, senza rialzare lo sguardo su di lui. «Jenna, perché hai addosso la mia felpa?» insistette con uno strano tono, quasi sarcastico, poggiando la custodia nera sul pavimento, accanto alla finestra.

«L'avevo portata semplicemente per restituirtela, ma poi mi è venuto freddo ed è stata la prima cosa che ho trovato in valigia.» borbottai, tornando a sedermi a gambe incrociate sul soffice letto a due piazze al centro della stanza.

«Quindi non è perché ha ancora il mio odore?» ironizzò, avvicinandosi a sua volta al letto e sorridendomi in modo malizioso.

Gli rivolsi un ghigno per niente genuino, per certi versi più simile ad una smorfia. «L'ho lavata. Almeno quindici volte da quando me l'hai prestata.» precisai, utilizzando lo stesso tono sarcastico che aveva sempre caratterizzato le nostre conversazioni al campus. «Quindi no, Luke, non ha decisamente più il tuo odore.»

«Se l'hai lavata almeno quindici volte vuol dire che l'hai messa in questi mesi.» puntualizzò lui, ignorando il resto del mio discorso e mantenendo il precedente ed irritante sorrisetto sfacciato. Sospirai per la frustrazione e me la sfilai di dosso, per poi lanciargliela letteralmente in faccia. «Non ho detto che la rivoglio indietro, ti stavo soltanto dando un po' fastidio. Sai, come ai vecchi tempi.» sorrise ancora lui, questa volta senza malizia, sedendosi all'altro lato del letto.

Gli lanciai un'occhiata di traverso, ma non commentai. L'ultima volta in cui ci eravamo visti, Luke mi aveva letteralmente lasciata senza parole con tutte quelle frasi a effetto su quanto fossi una persona straordinaria e sul fatto che volesse cambiare per arrivare un giorno a meritare di stare con una ragazza come me, e a quel punto non sapevo come avrei dovuto comportarmi con lui. Non ero più arrabbiata per ciò che era successo tra di noi e, in tutta sincerità, un po' mi erano mancati i nostri continui battibecchi, ma non ero nemmeno ancora certa di potermi fidare di lui. Né ero certa di cosa provassi per lui.

Sapevo com'era fatto e sapevo che ci voleva molto poco perché passasse dall'essere dolce, gentile e premuroso all'essere un bastardo senza cuore a cui importa soltanto di sé stesso. Ci ero già cascata due volte e non ci tenevo a replicare. Ma allo stesso tempo, quelle parole pronunciate al matrimonio di Beth erano sembrate così sincere da insinuare in me il dubbio che Luke potesse davvero essere cambiato.

Shiver || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora