49. Mine For A Night

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Non appena si accorse della mia presenza, spostò i suoi grandi occhi chiari su di me ed indicò con il dito il punto in cui sapevo trovarsi il mio inatteso ospite, facendomi premere le labbra in una linea sottile e stringere gli occhi. «Shiver, sei consapevole del fatto che un tizio dai capelli verdi sta tirando sassolini alla tua finestra da almeno dieci minuti?» domandò in tono indecifrabile. Per un attimo mi domandai se Beth fosse arrabbiata con me, ma quando le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso, capii che probabilmente era anche più felice di me.

Io sorrisi brevemente a mia volta e lei sporse la testa sempre in direzione del cortile. «Forse dovresti andare a vedere perché è qui. Ma prima di uscire, prendi una giacca dal corridoio, fuori fa freddo e non vorrei mai che ti venisse una brutta influenza.» si raccomandò, puntandomi contro l'indice come segno di ammonimento. Il mio sorriso si allargò ancora di più e per un attimo mi dimenticai di Michael fuori dalla finestra e di tutto il resto. «Che c'è?» domandò a quel punto Beth, confusa probabilmente dalla mia espressione da ebete.

«Sembravi proprio la mamma.» le spiegai, senza abbandonare il mio sorriso.

«Ringrazia del fatto che non sembrassi tuo padre, o quel povero ragazzo sarebbe già appeso ad un albero per la camicia... o per qualcos'altro.» ridacchiò Beth, spalancando leggermente gli occhi al pensiero. «E comunque, portalo dentro prima che si congeli in cortile. Ho sempre detestato le sculture di ghiaccio, e una di un ragazzo con i capelli verdi sarebbe ancora più strana del solito. Anche se lui è davvero carino. Shiver, non mi avevi detto che fosse così carino.» iniziò a parlare come una macchinetta, gesticolando in tutte le direzioni e facendomi ridere forse un po' più del dovuto.

«Beth, stai straparlando.» la ripresi io affettuosamente, alzando leggermente le sopracciglia e poggiando le mani sui miei fianchi.

«Lo sto facendo, vero?» ridacchiò nervosamente, torturandosi una ciocca di capelli ramati che era sfuggita alla sua coda disordinata. «È davvero meglio che tu ora vada a vedere perché è qui. Anche se posso immaginarne il motivo.» disse la seconda frase più come se stesse parlando tra sé e sé, ma io la sentii comunque e un sorriso imbarazzato si fece strada sul mio viso.

Scuotendo ironicamente la testa, mi avviai alla porta finestra, mi avvolsi in una delle felpe con la cerniera che mio fratello aveva dimenticato lì appesa ed uscii, facendo attenzione a non inciampare nella miriade di vasi di fiori che Beth teneva attaccati al muro della casa. Gli occhi di Michael scattarono immediatamente nella mia direzione ed un'espressione addolorata e colpevole gli attraversò il viso, portandomi a dimenticare per un secondo del fatto che si trovasse a casa mia senza un apparente motivo e facendomi montare dentro un'imminente preoccupazione.

«Hai pianto, Moe?» domandò dopo qualche istante, a voce talmente bassa che quasi non lo sentii nemmeno. Portai subito le mani sulle mie guance, dove, evidentemente, vi erano ancora tracce del pianto che avevo fatto poco prima.

Non mi era mai piaciuto piangere - o mostrare di averlo fatto - alle persone, ero troppo orgogliosa per permettermi di farlo. Ma Michael mi aveva vista piangere in più di un'occasione, così come io avevo visto piangere lui più volte di quante mi piacesse ammettere, e ormai non lo consideravo più un dramma così grande. Solo che, questa volta, il motivo per cui avevo pianto avrebbe potuto sembrargli davvero, davvero stupido.

«Moe...» sussurrò lui di nuovo, avvicinandosi di qualche passo ed intensificando l'espressione che già prima si trovava sul suo viso.

«Ti sembrerà una cosa da idioti.» esordii, sbuffando una risata imbarazzata e grattandomi la nuca. «Ma stavo leggendo un libro in cui il protagonista ad un certo punto è costretto ad uccidere uno dei suoi migliori amici e io... E io mi faccio sempre coinvolgere troppo dalle storie.» alzai le spalle, simulando indifferenza, e guardai verso i miei piedi, ancora coperti soltanto da un paio di pantofole blu scuro.

Shiver || Michael CliffordWhere stories live. Discover now