Capitolo 28- braids that make fire

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⚠️TW: linguaggio volgare

RYAN

Vederti mo,
mi brucia come sabbia ad agosto.
-Carl Brave

Ero spaparanzato sul divano, morivo di caldo e le cinque docce fatte poco prima non erano bastate a farmi sopportare l'aria calda e appiccicosa di Tenerife.

Non ci potevo credere che lei era qui, né tanto meno che fosse incazzata con me per una cosa che non avevo fatto

Guardai il salotto, mentre la tv in spagnolo faceva da sottofondo.
I ragazzi lasciavano sempre un gran casino, c'erano effettivamente calzini e scarpe sparsi ovunque, Wendy aveva ragione.
Così mi alzai e iniziai a prendere le loro cose lasciate per casa per metterle a posto.

Sarà che vivevo da solo da quando avevo tredici anni, quindi tenere la casa in ordine, era al primo posto, soprattutto con una sorella di cinque che sporcava qualsiasi cosa toccasse.

Guardai quei calzini orribili di Yuri con le foglie di marjuana sopra, e prendendoli con l'indice e il pollice e allontanandomeli da sotto al naso, li buttai in lavanderia.

I ragazzi erano usciti, Katrine compresa, erano andati a fare un aperitivo, ma io avevo troppo caldo e non avevo voglia.
Ero ancora stanco dal mare volevo far riposare il cervello dopo le urla di quel pomeriggio.
Eravamo lì solo da due giorni, ma già mi sentivo stressato.

Così, decisi di sfogarmi un pochino, con la mia arma da sfogo più efficiente: i pesi.
In verità li avevo portati io in vacanza, non Yuri, ma sentire Wendy che gli aveva dato del secco -dicendogli che aveva il fisico da scartatore di caramelle- mi aveva fatto troppo ridere, e non volevo rovinare il momento dicendogli che non erano i suoi.

Mi diressi nell'ampio giardino, misi sul telefono la mia playlist per l'allenamento e iniziai con gli affondi e il peso sulle spalle.
Mentre mi allenavo e le goccioline di sudore iniziavano a impregnarmi la faccia, la mente vagò.

Bene, Lydia sta bene, l'ho sentita stamattina, Jenna tutto perfetto, non è successo nulla.
Posso stare tranquillo
Per ora.
Katrine sono già due volte che viene e mi dice che con loro non ci vuole stare, ma che decido io? Sono sorpreso tanto quanto lei di averle tutte e tre qui.
Il destino è proprio stronzo.
Katrine, non fare cazzate ti prego.

Alzai lo sguardo verso il giardino, mentre posavo il peso e ripresi fiato.
Mi asciugai il sudore con l'asciugamano che avevo al collo.

Notai, per terra, vicino alle sdraio, delle ciabatte rosa fluorescenti, con un pon pon sopra.
Di Katrine non potevano essere, erano per forza di Evelyn.
Risi, pensandola con quelle ciabatte ridicole.

Rimisi il peso sulle spalle e ricominciai.

Che diavolo ci fai qui?
Dillo, vuoi torturarmi, torturare la mia salute mentale.
Come faccio a ignorarti eh?
Sei incazzata con me, non mi credi, lo so che non mi credi sul fatto del telefono.
Ma vuoi giocare? Mi ignori? Va bene, hai trovato il maestro dell'indifferenza.
Ma poi chi è che ti ha scritto? E perché soprattutto?

Mi fermai, quando notai che mi ero già fatto troppe domande senza avere un minimo di risposta.
Un volta tornato da Tenerife ci avrei pensato a quel coglione che mi ha rubato il telefono e scritto a Eve, fingendosi me, per adesso, dovevo rilassarmi.

Presi una bottiglietta d'acqua e mi scolai mezzo litro non staccandomi nemmeno per prendere fiato.
Finii di asciugarmi dal sudore portandomi l'asciugamano al viso, lo tolsi quando sentii degli schiamazzi provenire dall'interno.

Solcito: La luce nelle tenebre Where stories live. Discover now