Capitolo 20- let's walk down memory line

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RYAN

Come faccio a cancellare i ricordi?,
ricordi quei giorni in cui uno senza l'altra
sembravamo due morti?
-Fasma

Salii in macchina e accesi la radio. Avevo uno stupido sorriso in volto, quando me ne accorsi cercai di ritornare serio.

Ma che diavolo mi stava facendo?

«Gelato?» chiesi abbassando il freno a mano.
Evelyn mi guardò storto e non rispose, ma notai un piccolo accenno di sorriso.
Lo presi per un sì e misi in moto la macchina.

«Perché sei entrato in casa?» mi chiese.
Alzai le spalle. «Tu non volevi scendere»
Evelyn alzò gli occhi al cielo.

Stavo andando abbastanza veloce con la macchina e mi sorpresi che lei fosse così tranquilla, mi preoccupai un pochino a immaginare che lei corresse così per queste strade.

Era un discorso egoistico, ma io sapevo correre, lei no.
Era pericoloso cavolo.

Mi accesi una sigaretta, per riempire il silenzio.
In verità non era un problema, ci conoscevamo da talmente tanto tempo che il silenzio non era più imbarazzante, anzi, quasi normale.
Sebbene, sembrasse che io non la conoscessi più.

La ricordavo piccola, senza esperienze, lei era stato il mio primo bacio, la mia prima cotta, la mia prima ragazza e anche la prima delusione.
Eravamo piccoli ma credevo di amarla con tutto il mio cuore.

Quando mi lasciò mi crollò il mondo addosso, ma insieme ci si mise anche la storia di Vivian, la caduta giù per il dirupo della nostra famiglia, il futuro di Lydia e le botte che prendevo.

Non le dissi mai perché ero sparito, d'altronde fu meglio così, ma non smisi mai di pensarla, mai di voler sapere come stava e con chi stesse, mai di vedere come si era fatta grande.

E poi la vidi, lì a quella festa sulla spiaggia, la riconobbi subito, a differenza sua.

Lei era sempre rimasta uguale, ma il fisico di una donna ormai.
Sembrava non volerci essere a quella festa e fato volle, che mi piazzai davanti a lei quella sera, che mi chiamò con l'indice battendolo sulla schiena, che mi girai e la vidi.
Incazzata nera per averle rubato il posto in fila.

Non lo feci a posta a versarle il cocktail addosso, ma ridevo ancora quando mi ricordavo la sua faccia sconvolta e il 'sei un maleducato!'.

Arrivammo al parco di Shell, era il parco più grande della città.
C'era un laghetto, i giochi per i bambini, il chiosco che vendeva i gelati.
Da piccoli ci andavamo sempre.

Lei scese dalla macchina, aveva il broncio e non mi guardava.
Pensai che stesse provando con tutte le sue forze a non parlarmi.

«L'altra sera ero nervoso Evelyn, non volevo risponderti male» dissi. Non sapevo perché glielo stessi dicendo ma pensai che fosse giusto.

Lei mi guardò di scatto, sul suo viso notai una piccola espressione di soddisfazione.
Bastarda.
Voleva questo, voleva che le chiedessi scusa.
Non trattenni una risatina.

«Se vogliamo essere nemici va bene, ma se queste non sono le tue intenzioni non hai il diritto di trattarmi così male» disse seria.
«Hai ragione»
Si sorprese, e il viso riprese la sua espressione naturale; quella felice, spensierata.
Avevo ragione, stava facendo la finta arrabbiata.

Ci avvicinammo al chiosco e presi un gelato al cioccolato e fior di latte per lei, e uno melone e banana per me.

Ci sedemmo sulle panchine del parco, con lo sguardo rivolto verso i bambini giocare e lanciare molliche alle anatre nel laghetto.

Solcito: La luce nelle tenebre Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang