Capitolo 19- complicated and essential

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RYAN

La verità è che siamo tali e quali,
Incasinati ed essenziali.
-Mecna

Scesi dalla macchina e mi avviai sul suo pianerottolo. Suonai al campanello.

Una signora bassina mi aprì, rivolgendomi un sorriso con lo sguardo perplesso. Era educata e non voleva far vedere che non mi aveva riconosciuto.

«Deisy! Che piacere rivederla» dissi sfoggiando il mio sorriso migliore.
Continuava a guardarmi senza capire, mi osservò da capo a piedi, setacciò i miei tatuaggi e i muscoli contratti.
Ero davvero cambiato così tanto?

«Ry...Ryan?» chiese incredula mentre mi guardava sconvolta.
«Sì», dissi passandomi una mano tra i capelli. «Scusami, pensavo che Evelyn ti avesse detto che sarei passato»
Il suo sguardo si addolcì e si riempì di gioia quando mi riconobbe.

Il telefono mi vibrò in tasca, non lo presi, ma sapevo benissimo cosa mi avesse scritto.
«Oh, no non me lo ha detto, ma lascia perdere si dimentica tutto, vieni entra, ti porto qualcosa?» disse.

La gentilezza di quella donna mi ammaliava da sempre.  Ero stato con sua figlia per tutta l'infanzia, mi voleva bene e si vedeva.
«Grazie Deisy, un bicchiere d'acqua va benissimo» dissi entrando.

Deisy si diresse in cucina e io presi il telefono per vedere il messaggio.

Deisy tornò con un bicchiere d'acqua in mano, mentre continuava a guardarmi entusiasta della mia presenza

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Deisy tornò con un bicchiere d'acqua in mano, mentre continuava a guardarmi entusiasta della mia presenza.
«Vieni siediti che ci fai qui in piedi?» disse spostando una sedia dal tavolo.«Vado a chiamare Evelyn, accomodati»
Sorrisi.
Non ero abituato a tutte quelle attenzioni.
Attenzioni che Deisy mi riservava da sempre.

«Grazie» dissi sedendomi.
«E di cosa, mamma mia quanto sei cresciuto ragazzo!» disse guardandomi dolcemente. «Vado a chiamarla, arrivo subito» continuò salendo le scale.

La casa era piccolina e accogliente, notai che non c'erano foto alle pareti, nessuna traccia di infanzia. Era tutto perfettamente pulito e al suo posto. Mi alzai, scrutando meglio gli oggetti sui mobili.
Alcuni souvenir di viaggi, qualche piccola statua, vasi.
Ma nulla che desse un minimo cenno al passato.

Sentii scendere le scale sbattendo i piedi, sorrisi e mi girai lentamente, distogliendo lo sguardo da un quadro che stavo osservando.

Evelyn mi guardò, chiudendo gli occhi in due fessure. Aveva una maglietta che le arrivava alle ginocchia per quanto era grande, se avesse avuto dei pantaloncini sotto non lo avrei potuto dire. 

Sentii un ondata di malinconia e tristezza, ripensai a quando metteva le mie magliette da piccola, me le rubava e le stavano cinque volte tanto, rabbia perché, quella maglietta che aveva addosso non era sicuramente la mia.

Solcito: La luce nelle tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora