6. Passaggio in macchina

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Si era girato improvvisamente lasciandola sola.

Non riusciva a non fare pensieri sporchi quando ce l'aveva intorno... si rendeva conto di essere un maiale e di star sessualizzando una ragazzina ma certi impulsi erano difficili da controllare.

Il modo in cui aveva morso la barretta, guardandolo negli occhi, non era legale e forse lei nemmeno se ne era resa conto.

Era troppo ingenua per averlo fatto apposta, ma lui era un uomo e di ingenuo non aveva più nulla. Scopava da almeno quattordici anni e non riusciva a non cogliere i doppi sensi in certi atteggiamenti. Di solito, le donne, quando lo guardavano fisso negli occhi mentre avevano qualcosa tra le labbra, era perché avrebbero voluto qualcos'altro in bocca e lui era abbastanza propenso ad accontentarle, slacciando la cintura firmata e facendo scorrere la zip dei pantaloni costosi che aveva ogni giorno.
Lei, invece, non l'aveva fatto di proposito ma i suoi pensieri erano stati quelli.
Sarebbe stato un piacere fin troppo proibito sprofondare tra quelle labbra carnose e grosse, lasciando che lo avvolgessero in un vortice di passione che, ne era certo, lo avrebbe portato al piacere sublime troppo in fretta.

Chiuse gli occhi davanti al monitor nel suo studio personale, lasciando che quel pensiero peccaminoso tornasse nei meandri del suo cervello.
Gli piaceva scopare, e non ne faceva mistero.
Ma un conto era farselo succhiare da una donna maggiorenne o da qualche sottomessa legata al club, un altro conto era pensare di far inginocchiare davanti alle sue mutande una ragazzina delle superiori.

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Due ore dopo tornò in quella saletta per dirle che potevano andare a casa.

In ascensore calò un silenzio imbarazzante e lui afferrò il telefono facendo finta di controllare le email per non dover dire niente.

Poi Diana sentì squillare il suo.

"Mamma" rispose, sconfitta.

Le voleva un bene immenso, ma spesso si trovava a dover sbrigarsela da sola, non era mai stata un aiuto per lei... ma comprendeva che fosse così impegnata per il suo bene e non gliene poteva fare una colpa. Dopotutto riusciva sempre a cavarsela da sola in qualche modo, aveva imparato a non mettersi nei guai, a essere così invisibile da non essere notata, e se non sanno che esisti non potranno darti problemi, pensava. Quelle rare volte in cui ci si trovava cercava di risolverli senza crearne altri, di solito dicendo di sì a tutte le richieste.

"Hai risolto, pasticcino?" chiese la madre, ricordandosi improvvisamente che la figlia non era riuscita a entrare in casa di Franz.

"Sì, mamma, non ti preoccupare".

Come al solito.

Come sempre.

"Va bene, ci sentiamo domani allora" tagliò corto Adelaide, frettolosa di tornare alle sue mansioni come domestica in quella casa lussuosa abitata da una famiglia con la puzza sotto il naso.

Diana la salutò e riattaccò il telefono con l'amaro in bocca. Si era chiesta se avesse risolto dopo cinque ore. In cinque ore avrebbe potuto anche essere stata da sola in strada e la madre non se ne sarebbe accorta. Ma dopotutto era sempre così, e lei lo sapeva bene. Avrebbe dovuto smettere di farle male, eppure ogni volta sentiva una sensazione di vuoto all'altezza del petto. Di solito i genitori dovevano essere quelle figure su cui ci si rifugiava quando c'erano delle cose da risolvere... ma a lei quel privilegio non era toccato. Le sue coetanee le avrebbero risposto che aveva la libertà di fare tutto senza le pressioni e le domande insistenti, che avrebbe potuto uscire ogni giorno senza limiti di orari, che avrebbe potuto avere quanti fidanzati volesse, andare a dormire tardi e non sentire i rimproveri per i compiti mancati o le ore passate davanti alla tv o sui social.
Certo, ma a lei di quella libertà non fregava nulla. Amici per uscire non ne aveva, i compiti li faceva comunque e la tv spesso l'annoiava. Adesso aveva un fidanzato ma era abbastanza sicura che la madre non le avrebbe mai imposto limitazioni di quel genere. Avrebbe solo voluto una figura presente che l'aiutasse nei momenti di piccola difficoltà quotidiana. Invece a lei era toccato doversi fare piccola piccola per non attirare guai, e contare sulle sue forze per uscire da quelli in cui si invischiava. Oggi aveva dovuto fare tutta Berlino sui mezzi, a digiuno, con qualche grado sotto lo zero per essere accolta da un milionario che la ospitava nel suo attico, come una sorta di inquilina che non pagava l'affitto. Era deprimente.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now