41. Il tuo uomo, la mia ragazzina

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Franz alla fine era uscito dall'ospedale, non ne poteva più di stare su quel letto scomodo... lui che era abituato ad avere un milione di cose da fare e a controllare costantemente l'orologio per incastrare impegni e riunioni, si ritrovava in un periodo di rest forzato.

"Mi annoio" si lamentava in continuazione con Diana.

"Rilassati" gli rispondeva lei.

"Sono rilassato" sbuffava lui.

"Allora riposati" continuava lei, facendolo ringhiare dalla frustrazione.

"Ho dormito un mese, Cristo, non mi far innervosire con queste battute, ragazzina" rispose una volta, scocciato.

"Quando dormivi eri più simpatico, non sbraitavi. Domani ti metto i sonniferi nel pranzo, così smetti di essere petulante durante il pomeriggio" rise lei, mentre studiava sul tavolo del soggiorno per fargli compagnia.

"Non sono petulante" borbottò Franz, ferito nell'orgoglio mentre si metteva seduto sul divano.

Odiava avere le mani in mano.

Si annoiava da morire ed era un sentimento che non sapeva nemmeno potesse esistere.

Stare a casa era ancora peggio, l'unica consolazione era quando Markus lo chiamava per aggiornarlo sulle cose della SUA azienda.

Non vedeva l'ora di tornare al lavoro, levarsi quel gesso orribile e ricominciare a muoversi liberamente.

Si sentiva come una sottospecie di belva legata e odiava quella sensazione, la voglia di fare che aveva in corpo scalpitava ma era costantemente frenato. Un po' dal dolore che provava se si muoveva troppo, un po' da Diana e Markus che, coalizzati insieme, lo tenevano sotto controllo come un bambino.
Quei due avevano fatto amicizia sul serio e Markus continuava ad andarla a prendere a scuola. La mattina facevano persino tutti e tre colazione insieme. Poi all'ora di pranzo Markus saliva solo per un saluto veloce esordendo con la solita battuta: "Te l'ho riportata sana e salva, senza sparatorie di mezzo, mi sa che il problema eri tu".

Lei gli aveva detto che Markus era la sua copia meno scontrosa.

"Quindi è meglio di me, ragazzina" aveva esordito lui, temendo che Diana avesse potuto trovarlo più piacevole di lui.

"No, ho detto che è meno" aveva sorriso lei, baciandolo sulle labbra.

"Hai detto che il suo difetto è meno evidente del mio" si era imbronciato lui.

"Mi piaci quando sei scontroso, papino".

E si era sentito improvvisamente sollevato. Dopotutto si fidava del suo amico e si fidava di Diana. D la chiamava lui, ed era davvero un nomignolo che si poteva dare a una sorellina.

La sera continuavano a dormire in due stanze separate ma parlavano a lungo sul letto, coccolandosi a vicenda. Poi, quando a lei si chiudevano gli occhi, lui la obbligava ad andare di là ma lui restava sveglio. Non aveva la famosa sensazione di stanchezza che sentiva ogni sera, e spesso la notte si addormentava tardi, guardandosi il gesso, infastidito per quella inconvenienza.

Il processo sarebbe iniziato di lì a poco ma non ci voleva pensare, rivedere Jan gli avrebbe fatto scatenare parecchi ricordi negativi e non aveva intenzione di rovinarsi anche l'attesa per quel bifolco. Già vedere e sentire tutti i giorni quell'involucro bianco intorno alla sua spalla lo triggerava oltremodo.

Diana, per prenderlo in giro, gli aveva pure disegnato cuori e fiorellini con l'evidenziatore sul gesso.

Tanto non ti puoi muovere, lo aveva preso in giro.

Appena mi potrò muovere non sai quante punizioni ti aspettano, le aveva risposto lui, esterrefatto a vedere quei ghirigori decisamente troppo femminili sul suo braccio.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now