28. Puttana

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Contiene scene di violenza

Diana si era rifugiata in una routine quasi alienante: si svegliava, andava a scuola, studiava, cucinava, metteva in ordine la casa.

Peccato che, da un mese a questa parte, vivesse costantemente con il mal di stomaco.

Appena provava a mangiare qualcosa che non fosse dolce, sentiva i sapori mescolarsi in bocca in un'accozzaglia di roba disgustosa e vomitava.

Riusciva solo a mangiare yogurt, biscotti o qualsiasi altro alimento che contenesse una quantità spropositata di zucchero.

Mesi dopo, la psicologa, le avrebbe spiegato che la sua era solo una mancanza di affetto e ricercava nel cibo ciò che le mancava nella vita reale. Franz aveva rappresentato per lei un porto sicuro, dolce, e quando le era mancato, il suo corpo l'aveva rimpiazzato così.

Era seriamente preoccupata, perché non riusciva a tenere in corpo nient'altro, costringendosi a dover prendere integratori di ogni tipo.

Jan l'era andata a prendere a scuola e già dalla macchina aveva iniziato a urlare.

"L'hai visto come ti ha guardato quel porco? Come te lo devo far capire che devi cambiare scuola? Con questa gonna sembri troppo una troia! Tanto sei pure stupida, che ci vai a fare? Vai alla pubblica, almeno non sei un peso per tua madre" sputò velenoso.

Diana si strinse nelle spalle, sperando di scomparire.

"È solo una divisa" mormorò.

Lui, mentre guidava, le lasciò un sonoro schiaffo sulla coscia che le parigine lasciavano scoperta.

Sussultò per il dolore, vedendo la sua pelle bianca arrossarsi subito.
Esattamente come quando una goccia di sangue cade sul bianco candido della neve, contaminandone la purezza.

"Lo vedi quanto cazzo è corta?" urlò ancora, colpendola di nuovo sullo stesso punto.

Diana si morse il labbro per non urlare di dolore.

Sapeva che se avesse urlato, si sarebbe arrabbiato il triplo.

Entrarono a casa e subito lui ricominciò all'attacco.

Non ne poteva più di sentirsi chiamare puttana.

"Dammi il numero di tua mamma, ci parlo io, le dico quanto fai la troia e che ti deve cambiare scuola" ghignò lui, malefico.

"No!" si ritrovò a urlare spaventata Diana.

Sua madre non doveva sapere del casino in cui si era ficcata.

Non la doveva tirare in mezzo.

Sentì la sua mano abbattersi a tutta forza sulla sua guancia, facendole girare la testa di lato.

"Puoi urlare solo quando te lo sto mettendo dentro, troia. Dammi il numero" urlò afferrandola per i capelli e tirandola sul letto.

Era come se un milione di spilli le si fossero piantati sulla nuca e sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

In mano Jan aveva una ciocca abbastanza consistente dei suoi capelli.

Diana non rispose, il numero non gliel'avrebbe dato.

Vedendo che non cedeva, salì sul letto, la intrappolò sotto di lui e le assestò due schiaffi, facendole girare la testa prima da una parte e poi dall'altra. I colpi furono talmente forti e veloci che il collo di Diana emise un suono sinistro a girare in quel modo.

Sentiva il sapore ferroso del sangue in bocca e si portò una mano sulle labbra, che però non sanguinavano.
Forse quei colpi le avevano provocato un taglio all'interno nella guancia.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now