66. Cinema e macchina del tempo

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La settimana seguente fecero colazione insieme tutti i giorni, per poi riprendere la macchina e correre veloci ai due poli opposti della città, inseguendo i loro obiettivi e vivendo con frenesia.

Eppure quella mezz'ora di compagnia e chiacchiere spensierate erano una vera e propria ricarica, molto più della caffeina.

Quei due giorni, invece, non si erano visti perché Franz era stato impegnato con un nuovo accordo, incastrando impegni e riunioni.

Diana, dopo essersi struccata, si sedette sul bordo della vasca come faceva di solito.
La sera si scambiavano sempre qualche messaggio e non voleva disturbare la madre che già era sdraiata a letto.

Aprì la chat, con l'intenzione di invitarlo a uscire.
Era sempre lui a proporre iniziative, a cercarla, a prenotare.

Adorava il modo in cui lui la faceva sentire desiderata ma voleva fargli capire che anche lei lo voleva.

La sensazione di inadeguatezza che aveva provato mesi fa, quando si era paragonata ad Annette e quando lui aveva provato attrazione per lei, era scomparsa.

Erano tornati a guardarsi innamorati, a cercarsi in continuazione, ad avere gli occhi sognanti, forse persino più di prima.

I problemi e gli ostacoli contribuivano a saldare la loro relazione e il dolore era lo strumento per far crescere Diana, che sbocciava ogni giorno di più.

Franz se ne accorgeva, ammirava i suoi lineamenti del viso cambiare impercettibilmente.

Quegli occhioni color cioccolato rimanevano sempre talmente grandi e profondi da farcelo annegare dentro, ma ora erano più femminili, contornati da ciglia sapientemente allungate e intensificati da un trucco elegante.

Continuava sempre a ricordargli Bambi, ma era decisamente più ammaliante.

"Ti va di venire al cinema con me, domani sera?" lesse sul suo smartphone,
mentre era sdraiato sul letto.

Sorrise.
Era proprio felice.
Quella era la prova definitiva che Diana lo volesse nella sua vita e lui adorava farne parte.

"Mi stai chiedendo un appuntamento?" flirtò lui, affrettandosi a rispondere.

"Ti sto riservando questo onore" scherzò lei.

Poi le inviò lo screenshot del film, dell'orario e del cinema.

"Va bene, ci incontriamo lì, allora" asserì lui.

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Il giorno dopo entrò a lavoro e consultò il planner virtuale sul suo schermo, e impreco di prima mattina.
Non ricordava di avere una fottuta riunione generale alle quattro del pomeriggio.

Sperò di sbrigarsela in due ore, così da uscire in tempo per arrivare al cinema.

Si sedette al tavolo della saletta che usavano per le riunioni aziendali.

L'ambiente era intimo e elegante. Il nero predominava, rispecchiandolo in pieno.

Allungò le gambe sotto il tavolo, e appoggiò il mento sopra le mani.
Con i gomiti sul tavolo, si accingeva ad ascoltare i suoi dipendenti.
I direttori delle singole aeree lo stavano informando sull'andamento dell'azienda, solo che aveva metà della sua testa da un'altra parte.

Un orecchio stava ascoltando i business plan, i bilanci, le idee.

L'altro era pervaso da un ronzio fastidioso che ricordava al suo proprietario che non vedeva l'ora di ascoltare la voce melodiosa di Diana e non le voci baritonali di quegli uomini incravattati.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now