33. Basta

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Franz non ne poteva più di vedere tutti quei cuori, fiori e cioccolatini. Anche in ufficio era stato un tripudio di smancerie... persino Markus si era presentato con una rosa rossa per Emilia.

"Ti sei completamente rincoglionito" gli aveva rinfacciato lui.

"Almeno non è minorenne" lo aveva gelato Markus.

Lo aveva mandato a fanculo e si era chiuso a lavorare.

Quando pensava alla parola amore, gli venivano in mente, purtroppo, due occhioni da cerbiatto color nocciola, tristissimi l'ultima volta che li aveva visti due mesi fa, a Natale.

Nonostante ciò, si stava abituando a quel consueto fastidio sul petto, a quella nota stonata che gli faceva storcere il naso in continuazione quando aveva l'impulso di condividere con lei gli affari che andavano bene.

Il lavoro procedeva alla grande, aveva persino alzato il suo fatturato e i giornali l'avevano tampinato per mesi con la richiesta di rilasciare interviste assurde in cui, sapeva, gli avrebbero chiesto del suo metodo per fare soldi. 

Una volta, una giornalista che probabilmente voleva fare colpo su di lui basandosi sull'ironia, gli aveva chiesto se avesse la bacchetta magica. 

Franz l'aveva guardata storto e, con un sorrisetto arrogante e malandrino che gli riusciva bene, aveva risposto che la bacchetta magica ce l'aveva ma che non serviva a fare soldi, aveva ben altre funzioni, forse più piacevoli. 

Quella, cogliendo l'allusione, era arrossita improvvisamente. 

Per fortuna non aveva avuto l'ardire di pubblicare una battuta simile sul suo articolo. Markus se l'era mangiato vivo quando aveva saputo di quella sua piccola strafottenza. 

Quindi no, il problema non erano i soldi. Quella era l'unica cosa che sembrasse riuscirgli. Il problema era la sua vita privata, arida come un deserto nei mesi più caldi. 

Che cazzo di senso aveva avere un conto in banca con fin troppi zeri se non aveva nessuno con cui condividere i piaceri della vita? 

Era una riflessione che non aveva mai fatto prima di conoscere Diana. Di solito si limitava a comprare tutto quello che gli aggradava, pensando di star vivendo la miglior vita possibile.
Invece erano cazzate.
Se ne faceva poco delle sue macchine costose se a guidarle era sempre da solo. Senza lei sul posto del passeggero gli sembravano stronzate. 

Erano passati quattro mesi da quando erano stati insieme in quella vasca che, come uno scrigno, racchiudeva l'ultima volta che avevano fatto l'amore e l'ultima volta che si erano parlati davvero.

Ma quelle sensazioni, intrappolate nella schiuma e nei loro corpi, non erano state portate via dall'acqua che era scesa nelle tubature... erano rimaste attaccate a entrambi, vivissime e costantemente presenti.

Sapere che la persona giusta esisteva, ma in un corpo sbagliato, in un momento sbagliato e con l'età sbagliata era uno strazio, un'agonia, per entrambi.

Ogni tanto si abbandonava a quei pensieri malinconici, ma spesso li scacciava via, riprendendo il consueto autocontrollo che lo contraddistingueva.

La sera era uscito dall'ufficio, passando indenne tra coppiette vestite di tutto punto per andare a cena.

Che poi... durante l'anno si amavano sul serio?

Se lo chiedeva sempre, ma non si era mai dato una risposta. Fidanzate non ne aveva mai avute, solo il pensiero di averne un tempo gli faceva venire la nausea.

Anche in macchina c'era un traffico inconsueto, e forse era uno dei pochi a stare seduto in solitaria al posto di guida... girandosi intorno vedeva uomini al volante e donne truccate vicino.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now