19. Non è colpa tua

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La relazione che aveva con Franz stava procedendo abbastanza bene, avevano trovato un equilibrio e avevano chiacchierato tranquilli durante la cena per quella settimana. Avevano
compreso che la carica erotica che correva tra loro due era troppo grossa per essere ignorata, e quindi non la ignoravano più.

Parlare con lui era elettrizzante, aveva scoperto che spesso facesse un sacco di battute pungenti e ironiche e lei si ritrovava a ridere sincera.

Aveva un carisma e una personalità che la affascinava da morire, complici anche i tredici anni di esperienza in più che lo facevano sembrare una sorta di supereroe ai suoi occhi.

Spesso e volentieri lei pendeva dalle sue labbra, sbavando per ogni minima mossa che faceva.

Era così virile che la faceva sembrare minuscola, e a lei piaceva da morire quella sensazione.

E poi sapeva così tante cose! Era talmente intelligente che Diana qualche volta si sentiva insignificante.
Una volta gliel'aveva persino detto mentre lui parlava di un affare di lavoro complicato.
È un pregio il tuo, piccoletta, se mi ritrovassi a parlare nella mia cucina con una donna di come risolvere i miei affari, probabilmente mi sparerei, le aveva detto, e lei si era messa a ridere, dicendo che quel pericolo con lei non lo avrebbe corso.
Ne corro altri con te, forse più piacevoli, aveva ammiccato e lei era andata a fuoco.

Quelle serate le piacevano da morire, si stavano conoscendo un po' meglio.

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Domenica sera sarebbe uscita con Jan poiché aveva detto di aver bisogno di una distrazione visto che fra dieci giorni avrebbe avuto il primo esame e lei aveva acconsentito. Mancava finalmente una settimana alla fine della scuola.

Infilò una gonnelina nera, corta, e un top bianco a costine. Jan l'aspettava in fondo alla via.
Salì sulla sua macchina e lui, senza troppi preamboli, le mise una mano sulla coscia.
Diana si irrigidì un po', ma si stampò un sorriso accondiscendente in faccia.

Avevano un po' passeggiato in centro, guardando le vetrine e prendendo un gelato, poi si erano appartati in macchina, in una zona isolata.
Le aveva chiesto per l'ennesima volta di fare l'amore, ma lei aveva ancora tergiversato, dicendo che le sarebbe piaciuto avere la sua prima volta su un letto.

Lui annuì, dicendole che appena i suoi avrebbero avuto le ferie, sarebbe stato il momento giusto.

Diana cercò di spegnere il cervello mentre la toccava. Era abituata, ormai, a un tocco più sapiente e piacevole, che la faceva venire ogni volta.

Le dita di Jan erano troppo veloci, poco
premurose, per niente attente e i movimenti erano solo meccanici. Fece finta di venire, come al solito, e si inginocchiò fuori dalla macchina, mentre lui era in piedi e glielo infilava in bocca senza preoccuparsi se le stesse piacendo o meno.

Poi la riportò in fondo alla via, e si salutarono con un bacio frettoloso.

Diana, dopo aver mosso i primi passi, sentì una voce sconosciuta apostrofarla: "Hey, bellezza!".

Afferrò il telefono dalla borsetta, non si sapeva mai, e iniziò a camminare più veloce.

"Dove vai tutta sola?" continuò a dirle quello sconosciuto.

Lei si guardò intorno, spaventata. La strada era deserta.

Ma di solito, ignorandoli, smettevano di importunarla.

"Parlo con te, bellezza, girati dai, ci divertiamo insieme" e lei sentì che quella voce era sempre più vicina. Iniziò a sudare freddo.

Avrebbe potuto correre, ma prima doveva sincerarsi di essere al sicuro.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now