3. Ragazzina

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"L'hai incontrata, la ragazzina?" esordì Markus facendolo sbuffare.

Odiava quando lo punzecchiava in quel modo.

"Sì" si limitò a rispondere, asciutto.

"Si vede dalla faccia" alluse. "Com'è? Carina?" disse, ammiccando.

Roteò gli occhi.
Carina?
Decisamente sì.
Troppo, forse, per l'età che aveva.

"Minorenne" si limitò a rispondere fermo.

E quella parola doveva fissarsela bene in mente se non voleva guai.

Anche se aveva la faccia da sottomessa perfetta.

Per un attimo, quando se l'era ritrovata in piedi sull'ingresso di casa sua, era stato tentato di chiedere alla madre se quello fosse uno scherzo di cattivo gusto, ma poi il suo autocontrollo non gli aveva permesso di lasciarsi andare a simili commenti.

Si era solo limitato a guardarla, forse, un po' troppo. Era palesemente a disagio, con quegli occhioni spaventati e talmente innocenti da sembrare trasparenti come due laghetti di montagna, puri e incontaminati, contornati da ciglia chilometriche che li incastonavano alla perfezione.

Si stupì di quel paragone, non avrebbe mai pensato di associare due occhi nocciola al colore di un lago... e si stupì anche per essersi soffermato così tanto su quel particolare, di solito nelle donne guardava altro. Era un tipo concreto.

Poi però aveva lasciato scorrere il suo sguardo su quella figurina minuta che avrebbe condiviso con lui la casa, anche se quegli occhi l'avevano tenuto incollato un po' troppo come se fossero magnetici. Aveva notato subito le labbra carnose e rosse, che spuntavano come due boccioli di rosa su un viso pulito e innocente. Era abituato a donne con parecchio trucco addosso e la cosa gli piaceva, specialmente in certi contesti.

Infine si era soffermato sul fisico. Era davvero minuta ma aveva un fisico che era sicuramente invidiabile. Dalla camicetta si intravedeva la sporgenza del seno ma aveva distolto subito lo sguardo... era troppo piccola per essere vittima dei suoi pensieri.

Guardando per un secondo quelle dannate parigine e i piedini scalzi si era ritrovato a pensare, fra sé e sé, che chi aveva inventato le divise scolastiche doveva essere abbastanza sadico e perverso. Era un abbigliamento che avrebbero dovuto indossare in aula delle minorenni eppure sembrava disegnato proprio per aizzare lo sguardo sessualizzante di qualche maschio con gli ormoni a palla.

Franz aveva passato da un pezzo il periodo in cui il suo testosterone era il padrone di casa, ma quella dannata gonnellina, mischiata a quelle labbra peccaminose che lo chiamavano signore, lo avevano riportato indietro nel tempo, facendolo sentire arrapato come quando faceva le superiori.

Sbuffò di nuovo, era meglio non pensarci troppo. Ormai la decisione era stata presa e non poteva tirarsi indietro... anche perché Adelaide aveva minacciato di scoprire gli altarini.

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Al ritorno passò in un negozio di scarpe e prese un paio di ciabatte morbide, nere e rosa, che sistemò all'ingresso.

Si avvicinò alla cucina per mangiare, sperando di non dover uscire di nuovo a comprare qualcosa da asporto. Dubitava che sapesse cucinare sul serio.

Sul piatto c'era un avocado toast a dir poco perfetto, solo a vederlo gli era venuta l'acquolina in bocca e quando l'aveva morso si era dovuto trattenere dal mugolare di piacere.

Forse in quel modo poteva accettare meglio quella presenza.

Si buttò sul letto, perfettamente rifatto, afferrando il libro sul comodino.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Where stories live. Discover now