2. L'incontro

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"No, mamma, non ci voglio andare a casa di uno sconosciuto" protestò Diana mentre la madre stava impacchettando i pochi vestiti che aveva.

"Non fare i capricci, pasticcino. Non puoi restare qui da sola e non puoi venire con me" spiegò per l'ennesima volta Adelaide.

"Non sono capricci, dico sul serio. Perché non posso stare qui? Sono abituata a fare tutto da sola".

Ed era vero, la madre non c'era mai, costantemente impegnata in mille lavori per sopravvivere e sbarcare il lunario.

Diana aveva imparato a fare i conti con la solitudine, a farsi piccola piccola e a non protestare mai. Sapeva che la mamma avesse già parecchi problemi che le affollavano la mente e lei non sarebbe mai stata uno di quelli, si sarebbe sentita terribilmente in colpa altrimenti.
Del padre non sapeva granché, se non che fosse stato il fidanzatino di Adelaide quando aveva vent'anni e che lei, beh, era un inconveniente giovanile. Nonostante ciò, la mamma le aveva detto che l'aveva amata da subito, innamorandosi di quel cuoricino piccolo che batteva a ritmo serrato durante la prima ecografia e aveva deciso di portare a termine la gravidanza, pur tra mille difficoltà.
Erano state al sud della Germania, cambiando paesini e case in continuazione, un po' per sfuggire alle malelingue, un po' per trovare un lavoro che sarebbe stato dignitoso per Adelaide. All'ennesimo trasloco e contratto andato male, la madre aveva optato per la capitale, pensando che sarebbe stata un'opportunità anche per Diana.
Anche se non erano benestanti, l'aveva iscritta al liceo privato più prestigioso di Berlino... i suoi professori continuavano a dire che, nonostante fosse un anno più piccola dei suoi compagni di classe, avesse una capacità mnemonica e un'intelligenza strabilianti.
Diana, dal canto suo, era convinta di non essere così speciale come dicevano, si impegnava facendo il suo dovere sopra i libri per non deludere la madre che sudava per mantenerla.

Nonostante sapesse che la sua assenza era per darle un futuro migliore, le pesava ogni tanto. Avrebbe solo voluto tornare a casa e mangiare insieme, o scambiare quattro chiacchiere spensierate sul divano, o raccontarle di come fosse andata la giornata a scuola. Invece si sentivano solo per telefono, la sera.

"Perché ci hanno sfrattate" spiegò dura, "non riesco a pagare l'affitto, per questo ho scelto un posto che mi offrisse anche il vitto e l'alloggio, nella speranza di mettere da parte qualcosa. La tua retta costa, pasticcino... non mi far sentire in colpa... starai bene da lui, non è mai in casa, dovrai solo mettere un po' a posto e cucinare ma tanto sei abituata".

Diana annuì.

Non pensava che fossero in una situazione così precaria e in quel caso non poteva opporre resistenza.

Non l'avrebbe delusa, né le avrebbe creato problemi... non l'aveva mai fatto e non avrebbe di certo iniziato ora.

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"Siamo quasi arrivate" disse la mamma svoltando l'angolo di una via piena di palazzi super moderni che Diana aveva guardato con il naso all'insù e lo stupore negli occhi.
Tutta quella modernità e quel lusso ostentato da vetrate e luci al LED le sembrava cozzare fin troppo con i quartieri popolari e grigiastri che lei aveva sempre abitato.

Entrarono nell'atrio e, facendo il nome del proprietario, salirono nell'ascensore fino all'ultimo piano.

Diana si sentiva un po' frastornata da tutta quella ricchezza. Il pavimento dell'ingresso era talmente bianco e tirato a lucido che le sembrava un peccato camminarci sopra con le scarpe. Era talmente pulito che avrebbe potuto specchiarcisi.

Ovviamente abitava in un attico lussuosissimo a due piani, pensò, entrando e vedendo le scale in marmo con un corrimano in vetro che portavano al piano di sopra.

Mi hai incatenato il cuore (In revisione)Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin