Era patetico dire che non vedevo l'ora che arrivasse?

«Dovresti mostrare gratitudine, piccola stronza.» dissi, una volta che fu davanti a me.

Lei rise e si lanciò addosso a me per abbracciarmi. Ricambiai senza pensarci, senza pensare al dolore pungente delle mie costole. 

Cazzo.

Tuttavia, ne valeva la pena.

«Mak fai pian--»

«Com'è andato il volo?» interruppi Brandon con un'occhiata fulminea.

Lui ruotò gli occhi e agitò la testa; lei per fortuna non sentii le sue parole.

«Bene,» disse, staccandosi e andò ad abbracciare Brandon, «ho parlato tutto il tempo con un ragazzo.»

«Era carino?»

Brandon voleva morire, per forza. Non c'erano altre spiegazioni.

«Aveva le fossette,» mi lanciò un'occhiata sagace, «quindi, si, era carino.»

Lo stava facendo apposta a farmi ricordare quel coglione che le aveva fatto l'occhiolino settimana scorsa, quando ci eravamo fermati in quell'area di sosta mentre eravamo diretti per Charleston.

«Sei qua da cinque minuti e vorrei già rispedirti a Greenville.» replicai, prendendo la sua valigia dalle mani di Albert e iniziando a camminare verso l'uscita.

Ovviamente non era vero, ma era così dannatamente fastidiosa che la mia mente stava già elaborando diversi metodi per farle tappare la bocca. Metodi che non erano possibili eseguire in pubblico.

«Oddio, non ci credo che sono davvero qui,» disse entusiasta, guardandosi intorno, «questa notte non ho dormito dall'agitazione.»

«Ecco perchè sembra tu abbia sniffato qualcosa.» disse Brandon.

«Ehi! È la mia prima volta a New York. È ovvio che sia emozionata.»

Entrammo in auto, non era il solito suv che utilizzavamo a Greenville ma una semplice Audi a cinque posti perciò Brandon decise di lasciarci soli nei sedili posteriori andando a sedersi davanti, Albert era alla guida.

«Il piccolo prodigio abita in centro, ci metteremo una buona mezz'ora. Oggi c'è un po' di traffico.» disse Brandon rivolgendosi a lei.

Ruotai gli occhi per come mi aveva chiamato.

Makayla si girò, smettendo di guardare il finestrino, «davv- cos'hai fatto al labbro?»

Cazzo.

«Niente.» mentii.

I suoi occhi scuri si accigliarono e le sue dita delicate mi tolsero un ciuffo dalla fronte e a quel punto sapevo stesse guardando il taglio vicino all'attaccatura dei capelli.

«E hai anche un livido sullo zigomo che hai disastrosamente cercato di coprire,» continuò attenta e mi guardò con quel suo modo che mi metteva a disagio e non lo sopportavo, «cos'hai fatto, Hayden?»

Sentivo lo sguardo di Brandon dallo specchietto e sapevo stesse godendo questo momento, perché mi aveva avvertito che si sarebbe accorta dei segni.

«Niente di cui ti debba preoccupare, Adams.» appoggiai una mano sulla sua gamba.

Strinse lo sguardo e poi girò la testa in avanti, «Brandon cos'ha fatto?»

Io e Brandon ci lanciammo un'occhiata dallo specchietto centrale. Se osava dire qualcosa di sbagliato quella sarebbe stata la sua fine. E glielo feci capire da solo uno sguardo.

It's a ClichéWhere stories live. Discover now