CAPITOLO 30

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Can't believe I could not see it all this time,
It was always you

Now I know why my heart wasn't satisfied,
It was always you,
No more guessing who
Maroon 5 – It Was Always You

Kristen oggi

Edward non è mai stato in silenzio tanto a lungo. È in difficoltà forse per la prima volta da quando ci conosciamo. Non posso fermarmi adesso, però, devo andare fino in fondo prima di pentirmene.

«Nel mio periodo di coma e per tutte le notti successive, ho sognato un ragazzo a cui non riuscivo ad associare un nome e un volto. Ogni volta che stavo con lui sapevo di conoscerlo ma non si faceva mai vedere per intero. Nella maggior parte dei sogni c'era sempre della musica di sottofondo. Canzoni che descrivevano quei momenti o le mie emozioni. Ballavo con lui, gli parlavo di ogni cosa e soffrivo perché non riuscivo a guardarlo negli occhi e a riconoscerlo. Mi stavo cominciando a convincere che fosse solo frutto la mia fervida immaginazione, che fosse un personaggio che la mia mente aveva creato per darmi conforto. Tutto questo fino all'altra notte. Eri tu. Sei sempre stato tu.»

Ogni traccia dell'allegria di qualche istante prima è sparita del tutto dal suo volto. Dopo ogni parola, ho notato la sua espressione cambiare e adesso non capisco davvero cosa gli passi per la testa. Lo guardo negli occhi cercando di trovare qualcosa, anche un solo microscopico indizio di quello che sta provando, ma non colgo nulla. Freddo. Solo freddo.

«Forse non avrei dovuto dirtelo», mi rigiro tra le sue braccia mettendomi su un fianco, non guardandolo più.

Lui rimane zitto ed impietrito, lasciando che la mia mente cominci a vagare lontano.

Cosa pensavo di ottenere dicendogli questo mio piccolo segreto? Non ne ho parlato neanche con le mie migliori amiche e ne ho parlato con lui. Come posso essere stata tanto stupida da pensare che lui potesse darmi una spiegazione?

Mi monta dentro una rabbia infinita e vorrei solo che si aprisse una voragine sotto di me che mi divorasse. Non ci conosciamo nemmeno, non posso pretendere nulla, nemmeno una risposta, nemmeno una speranza.

Il sole fiacco e tipico di Londra comincia ad abbassarsi, inghiottito dai grattaceli della città. Lo guardo scendere lentamente, desiderando di andar via con lui. Le nuvole persistenti si tingono appena di sfumature di arancione e rosa, tendendo al viola e al blu della notte dalla parte opposta.

Comincia a farmi freddo ed incrocio le braccia cercando di riscaldarmi. Non voglio essere io a rompere il silenzio, piuttosto muoio di freddo, ma non parlerò.

Sobbalzo quando lo sento accarezzarmi la schiena cercando di infondermi calore. Mi giro appena e tanto gli basta per portarmi su a sedere con lui. Mi abbraccia, facendomi poggiare la testa nell'incavo del suo collo. Inspiro a fondo il suo profumo, nella speranza di imprimerlo per sempre tra i miei ricordi, perché questo mi sembra proprio un addio. Mi accarezza e mi bacia tra i capelli, mentre una lacrima sola e disperata cade lentamente sulla mia guancia. L'asciugo prima che se ne accorga e chiudo gli occhi.

«Vorrei davvero poterti dare una motivazione, ma non posso», rompe finalmente quel silenzio scomodo. Il suo tono è realmente dispiaciuto come se si incolpasse di quegli strani sogni che faccio.

Ma che colpa potrebbe mai avere?

«Non ne volevo una», ribatto fin troppo secca e categorica.

Lo sento sospirare a fondo e alzo la testa. Non mi guarda, anzi, non mi vuole guardare. Comincio a domandarmi se lui non abbia davvero una risposta a tutto questo e la domanda successiva non fa che aumentare i miei dubbi.

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