Pane, Miele e Verità

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[Questo capitolo sarà in terza persona per farvi capire meglio il punto di vista dei diversi personaggi. Buona lettura <3]

Irene si trovava davanti lo specchio a guardarsi con gli occhi lucidi, ormai per lei era una routine e nemmeno ci faceva più caso. La sera le faceva paura da quando tutti erano andati via e ogni volta si chiudeva dentro la stanza piangendo. Niccolò l'aveva abbandonata ancor prima di creare la loro storia, suo padre era scomparso mentre sua mamma era in continuazione al telefono per delle questioni di lavoro che Irene proprio non capiva. Un'altra cosa che la ragazza non riusciva a collegare era il motivo della doppia spesa che Aurora faceva e spesso si chiedeva se sua madre fosse una volontaria in qualche struttura dato che comprava tantissima roba che per loro due era davvero sufficiente se non oltre.
Ogni sera si guardava il corpo, venendo mille difetti, vedendo mille smagliature e vedendo anche mille lacrime. Quest'ultime erano scatenate dalle emozioni, glielo diceva spesso Angelica ogni volta che la veniva a trovare. Anche lei capì che qualcosa non andava perché anche Adriano come Aurora aveva degli atteggiamenti strani, come se fossero ansiosi o addirittura sotto stress. Angelica non dava tanto peso a ciò ma Irene si, Irene in quei pochi momenti nei quali non piangeva, riusciva a pensare lucidamente e riusciva a capire che Niccolò le aveva detto una grande bugia. Non credeva alla 'questione di famiglia' scritta sulla lettera che le aveva dato per dirle addio, c'era qualcosa sotto che lei prima o poi avrebbe scoperto...
Ma ora si trovava lì, come tutte le altre sere a guardarsi e a rimuginare sul passato. 'Perché mi hanno abbandonato tutti?' 'Non ero io quella che spezzava i cuori alle persone?' Erano queste le domande che più riecheggiavano nella testa di Irene, erano quelle stupide ma profonde domande che le facevano un male cane dentro, che la trattenevano per il mangiare e che la portavano a vomitare anche solo al pensiero che sarebbe dovuta scendere a cenare ma ormai nemmeno ci faceva più caso, come se fosse un processo troppo naturale per essere vero. Qualche volta cercava di rialzarsi, di non pensare che il ragazzo che amava era scappato e stessa cosa suo padre ma proprio non ce la faceva, era un punto troppo importante e troppo dolente per essere dimenticato come se nulla fosse. Qualche volta pensava anche che se non avesse incontrato Niccolò in quella discoteca e non gli avesse chiesto di accompagnarla al bar per prendere qualche alcolico questa situazione non si sarebbe mai creata e proprio per questo, ogni volta che si ritrovava a pensare a quella serata, Irene annunciava...

"Lo odio" Disse davanti lo specchio mentre le mani tremavano. Aveva paura di dire quella parola, aveva paura di non provare più l'amore che nutriva per lui per quel senso di rabbia che aveva dentro proprio per colpa sua, proprio per colpa di quel ragazzo che amava come se nulla fosse.

"Fai bene" Gli disse questa volta la vocina dentro la sua testa e ogni volta che questa parlava, Irene si sentiva svuotata da quel carico che aveva dentro e proprio per questo si diresse verso il suo letto per stendersi sopra. La sua dose quotidiana di odio verso Niccolò, verso Fabrizio, verso di lei e verso il suo corpo era stata data.

"Fai bene ad odiarmi perché io sono la causa di tutto ciò" Continuò la voce ma questa volta Irene si alzò dal letto di soprassalto, come se quella voce non era più solo nella sua testa ma anche in quella camera e proprio per questo guardò verso la porta, sbiancando alla vista del ragazzo che tanto odiava ma allo stesso tempo che tanto amava.

"Niccolò?" Chiese Irene sussurrando. Non le sembrava vero di averlo lì, dopo 14 giorni da quella stupida lettera e da quegli stupidi vinili che tanto le avevano fatta piangere ma anche pensare. Aveva capito fin troppe cose in quei giorni e la prima fu proprio la risposta a tutto, c'era qualcosa di grande in mezzo che tutti sapevano tranne lei.

"Ire" Sussurrò a sua volta Niccolò, come se si fosse liberato anche lui dal suo peso interiore. L'aveva accanto, l'aveva finalmente accanto dopo quei 14 giorni di puro inferno per lui e quando le corse incontro abbracciandola, quasi si dimenticò di tutto quello che gli stava attorno, di Fabrizio, della fuga e del piano omicida che aveva in mente.

Proteggerti mi viene naturaleWhere stories live. Discover now