La camicia bianca

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Pov's Irene
"Niccolò Niccolò questa è perfetta" Esclamo io, prendendo la trentesima camicia da sopra lo scaffale del negozio di moda in cui ci troviamo.

"Irene è la fottutissima decina camicia che mi fai provare" Mi insulta lui alzando gli occhi al cielo e subito io rido divertita, cercando la taglia giusta per il ragazzo.
Stasera ci sarà la festa di compleanno della mia migliore amica e per l'amicizia che hanno creato lei, Adriano e Niccolò ha deciso di invitare i due ragazzi soprattutto perché ormai è più che ufficiale il rapporto intimo che hanno la mia migliore amica e il migliore amico di Niccolò.

"Questa è bianca ed è perfetta" Gli dico velocemente io girandomi verso di lui, facendogli notare il tessuto e il colore di questa nuova camicia che ho in mano.

"Maledetto me e quel giorno nel quale ti dissi che mi avresti dovuto comprare una camicia" Mi dice subito Niccolò duro prendendo dalle mie mani la camicia mentre io rido e lo seguo per poi sedermi sulla poltrona davanti al camerino.
Ricordo perfettamente quella sera nel quale Niccolò, ancor prima di scoprire la verità e quindi del legame di sangue che avevamo, mi disse dopo il nostro bacio di comprargli una camicia perché mi definiva proprio "figlia di papà" e a questo pensiero sospiro mettendomi una mano in viso. In quel momento, nonostante lo stato totalmente di ebrezza per colpa dell'alcol che entrambi avevamo in corpo, mi ero davvero sentita felice con un ragazzo e solo al pensiero che dopo diversi mesi ho scoperto che abbiamo il 50% di sangue in comune mi vengono i brividi e probabilmente quest'ultimi sono dovuti al ricordo delle mie labbra su quelle di Niccolò che nonostante tutto, torna sempre scatenando in me tutte quelle sensazioni che dovrei provare ma non per lui. Dovrei sentire le farfalle nello stomaco per tanti altri ragazzi e invece no, ho deciso solo di complicarmi la vita avvicinandomi sempre di più al mio fratellastro.

"No Ire questa mi sta malissimo" Sento richiamarmi dal camerino e subito io alzo gli occhi al cielo. Nonostante il mio andare e tornare con una camicia nuova, Niccolò dopo averle provate le ha rifiutate tutte proprio come questa di adesso.

"Esci e fammi vedere" Esclamo io, invitando il ragazzo ad uscire e lui esegue le mie azioni, uscendo dalla tenda per poi abbassare lo sguardo davanti al mio.
"Stai benissimo, cosa c'è che non va?" Gli chiedo inevitabilmente io, osservandolo con i suoi jeans e con la camicia bianca che gli fascia il busto.

"Non mi ci trovo dentro a questi panni" Esclama lui alzando il capo verso di me e subito io sospiro andando verso di lui.

"Per prima cosa aggiustiamo bene i bottoni" Inizio a parlare io, dedicandogli un piccolo sorriso mentre slaccio i primi bottoni per lasciargli l'inizio del petto scoperto. "Poi sistemiamo anche un po' i capelli, che dici?" Chiedo io, questa volta con una piccola risata in volto per i capelli scompigliati del ragazzo e vedo un leggero sorriso sul suo volto appena infilo le mie mani nel suo ciuffo come se si stesse rilassando grazie al mio tocco.

"Ire è che non mi ci trovo" Sussurra lui, quasi mortificato e subito gli prendo la mano per portarlo all'interno del camerino.

"Cosa c'è che non va?" Gli chiedo,
girandolo verso lo specchio per far rifletterete il suo nuovo look che io stessa ho sistemato.
Prima si era abbottonato tutti i bottoni fini all'ultimo e sembrava che dovesse fare la comunione.

"In orfanotrofio quando le nuove famiglie venivano a prendere i bambini erano sempre vestiti in camicia" Inizia a parlare Niccolò, guardandosi prima verso lo specchio e poi verso di me. "Io non ho mai messo nemmeno una camicia in quel posto anzi, non mi presero nemmeno le misure per farmene una" Continua lui e subito io abbasso il capo.
Non avrei mai immaginato così tanto dolore per Niccolò ma sicuramente vedere le suore prendere le misure di tutti per una camicia e a lui no, è sicuramente una cosa che l'ha segnato molto.

Proteggerti mi viene naturaleWhere stories live. Discover now